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lunedì 18 gennaio 2021

11 - Dulcinea, Santiago e Antonio - Il primo giro del mondo in Vespa

Aldonza Lorenzo. Questo il nome della formosa contadiana a cui Alonso Quijano (o Chisciano), promette amore eterno e fedeltà indiscussa. Uomo sulla cinquantina, appassionato di romanzi cavallereschi, Alonso, convinto di esser stato nominato Cavaliere Errante, comincia la sua avventura in giro per la Spagna a difendere i deboli e riparare alle ingiustizie. Diventa Don Chisciotte della Mancia e come tutti i cavalieri erranti, sente la necessità di dedicare le sue imprese ad una dama, Aldonza, che nella follia del cavaliere, diventa una nobil donna dai capelli d'oro e di incomparabile bellezza é ribattezzata Dulcinea del Toboso.

Dulcinea del Toboso è quindi un personaggio del romanzo spagnolo di Miguel de Cervantes Saavedra, “Don Chisciotte della Mancia” (El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha). Pubblicato in due volumi (1605 e 1615) è la più influente opera del Siglo de Oro e dell'intero canone letterario spagnolo.

Dulcinea però, è anche il nome che Santiago e Antonio hanno dato alla loro Vespa.

Nell'ottobre del 1959, Santiago Guillèn e Antonio Veciana sono due studenti della Mancia (Albacete) all'Università di Madrid.

"Durante i nostri viaggi all’estero, abbiamo spesso sentito dire da inglesi, francesi o italiani che gli spagnoli viaggiano poco. Dopo aver visto “Il giro del mondo in 80 giorni al cinema” (di Michael Anderson del 1956 tratto dall’omonimo romanzo di Giulio Verne), abbiamo trasformato questo fastidiosa diceria in una sfida: Lo faremo, ma con un giorno in meno. Ad Albacete, pensavano che fossimo matti".

Due anni e mezzo dopo, il 25 luglio 1962 partono da Madrid a bordo di una Vespa 150 S (motore: monocilindrico a due tempi. Alesaggio: 57 mm. Corsa: 57 mm. Cilindrata: 145,45 cc. Velocità massima: 87 km/h. Sospensioni: con molla elicoidale ed ammortizzatore idraulico su entrambe le ruote. Freni: a tamburo. Pneumatici: 3,50 – 8), Dulcinea, prodotta dalla spagnola Moto Vespa (sotto licenza Piaggio), per l’ “Operazione Elcano” (in onore dello spagnolo Juan Sebastián Elcano primo europeo a circumnavigare il mondo); compiere il giro del mondo in 79 giorni.

“In Spagna non c'era l’ambasciata Afghana e la documentazione necessaria per il viaggio doveva essere gestita tramite la sua ambasciata a Roma o direttamente presso il Ministero degli Affari Esteri a Kabul. Ci sono voluti diversi mesi per avere il materiale cartografico più elementare”.

Senza cellulari, senza gps, senza tecnologia, una lunga preparazione ha fatto da contorno a questa impresa. Tra le varie difficoltà da affrontare ci sono la pianificazione del percorso, la ricerca di informazioni e le carte stradali atte a tracciare l’itinerario. Antonio Veciana: "Ci è costato tanta fatica; l'aiuto delle nostre famiglie, degli amici di Albacete e del Collegio Sindacale José Antonio di Madrid, è stato fondamentale. Abbiamo dovuto calcolare chilometri e creare tappe. La mancanza di rigore nel rispetto di date e orari in quella che abbiamo chiamato Operazione Elcano, poteva far fallire il viaggio. Io e Santiago, eravamo consapevoli del rischio, della difficoltà del viaggio e dell'audacia della scadenza, ma avevamo i requisiti essenziali per portarlo a termine: primo, una grande amicizia, [...] punto di forza del nostro viaggio; perché far vivere assieme due persone per tre mesi in due metri richiede una ferma fede nella propria capacità di fare e rinunciare e una solida volontà di capirsi. Secondo, la determinazione di aver dato forma ad un sogno e poterlo realizzare".

In un’impresa del genere bisogna quindi capire come sia difficile convivere per quasi 3 mesi seduti sullo stesso sellino tenendo ritmi di viaggio serrati, prendendo per questo coscienza dei propri limiti e dei limiti dell’altro.

Il progetto ha cominciato a prendere corpo e ad acquisire un certo peso sociale e mediatico, un modo per pubblicizzare positivamente il nome della Spagna all'estero, in un momento in cui questo paese non ha una buona immagine a causa della dittatura franchista. “Quando era appena nata l' Organizzazione Giovanile Spagnola , abbiamo avviato un progetto il cui obiettivo era partecipare attivamente ai compiti collettivi che hanno influenzato il nostro ambiente. Siamo intensamente coinvolti nelle attività della nostra epoca, sportive, culturali, sociali. Studenti inquieti all’ultimo anno del Liceo di Albacete. Conseguenza della Spagna che vivevamo, quella della Seat 600, della Vespa e della Montesa; la Spagna della scarsità di lavoro e della mancanza di mezzi, dell'emigrazione e delle difficoltà economiche. Una Spagna che aveva bisogno della collaborazione di tutti".

Fu scelta la Vespa, uno scooter assemblato anche in Spagna, conosciuto ed esportato in tutto il mondo; per la capacità di trasportare i 347 kg complessivi (bagaglio, mezzo e uomini) e per la grande diffusione e l’enorme rete vendita che facilita la reperibilità di ricambi qualora fosse necessario. “L’amico di un amico” ha potuto contattare Paola Antonelli Piaggo, moglie di Enrico titolare del marchio Vespa, è così arrivata la sponsorizzazione dalla Moto Vespa impegnatasi, tramite il proprio concessionario di Albacete, a fornire una nuovissima Vespa 150 S e si è fatta carico dell'assistenza tecnica e della preparazione di Santiago e Antonio che, per un mese e mezzo, hanno riparato i modelli imperfetti usciti della catena di produzione; imparando a risolvere gli eventuali problemi meccanici durante il viaggio.

Poichè i costi dei collegamenti aerei (Calcutta-San Francisco, New York-Londra) sono troppo alti, si sono rivolti al comando aereo americano presso la base congiunta di Torrejón ottenendo l’autorizzazione ad utilizzare gli aerei da trasporto: “ma nel Maggio del 61, a due mesi dalla partenza, è stato dichiarato il blocco di Berlino e lo stato di allerta nelle basi americane con la sospensione dei voli del personale. Abbiamo dovuto rimandare il viaggio di un anno".

"Il segretario del signor Dalí? Siamo due studenti universitari ... "

"Io sono Dalí, dimmi".

“Ci dice che è molto emozionato perché non ha mai dipinto una moto e chiede di portargliela. Arrivare su quella rupe e poi fino allo studio (a Cadaquez) è stata un' odissea. [...] Dipinse sullle scocche laterali una croce, una spada, una corona. Così passammo tre giorni con il genio”. (Dipinse anche il suo nome e quello di Gala, compagna e sua musa ispiratrice). In seguito Salvator Dalì dichiara di aver firmato la Vespa non solo in quanto mezzo di trasporto ma soprattutto come simbolo di mobilità e di libertà.

Il giorno della festa nazionale spagonla dell’ Apostol Santiago, nel 1962 da Madrid comincia ufficalmente il loro giro del mondo. Dopo una piccola deviazione ad Albacete, città natale, per visitare le rispettive famiglie e prendere un coltello tipico dell’artigianato locale da regalare a Papa Giovanni XXIII, percorrono la costa mediterranea fino a raggiungere Roma e Città del Vaticano. “Il momento piu’ emozionante dal punto di vista sentimentale è stato a Roma, a Piazza San Pietro, all’Obelisco, alle cinque del mattino, Santiago, Io e la Vespa. Ci siamo guardati e abbiamo detto che facciamo in questo momento; diamoci un abbraccio che Dio ci darà una mano e l’ha fatto”.

Dopo l’incontro col Papa proseguono per Brindisi, porto dove hanno una nave per Atene. La nave, partita senza preavviso e prima dell'orario previsto li costringe a ripiegare su Patrasso per entrare in Grecia e passando poi da Atene in direzione Istanbul.


Da Istanbul, porta d’oriente, lasciano l'Europa entrando in Asia attraversando l’Iran lungo la Via della Seta percorsa da Marco Polo e popolare in quegli anni come il “sentiero hippie”.

“Da Atene abbiamo iniziato a notare il cambiamento. La rotta per Istanbul ci ha abituato gradualmente a un'altra civiltà, eravamo in Oriente. Attraversando il Bosforo, l'Europa è rimasta indietro. Stavamo iniziando la fase difficile del viaggio [...] Pensa, senti e prega in modo diverso. Una sensazione simile a quella che proviamo ad Hong Kong e a San Francisco, anche se lì l'impronta dell'Europa è chiara. La California profuma di Europa. C'è qualcosa che siamo riusciti a vedere dopo aver viaggiato in 12 paesi, città per città, con culture, razze e religioni diverse. Europa, Asia e America abbiamo scoperto che hanno tutte lo stesso denominatore comune: il sorriso e lo sguardo ci sembravano uguali”.

In direzione del famoso passo di montagna Khyber (che collega Pakistan e Afghanistan), dopo aver trovato temperature infernali (fino a 51 gradi), tra Kandahar e Kabul cominciano i primi problemi di salute e tecnici.

“Sulle strade, l'asfalto è un'eccezione. Abbiamo dovuto percorrere quasi 9.500 km tra deserti, catene montuose, giungle con zone umide nella stagione delle piogge monsoniche, strade che in molti casi corrispondevano al tracciato delle vecchie rotte carovaniere utilizzate da Alessandro Magno, all'epoca delle grandi invasioni, 2500 anni fa, come il Passo Khyber, tra Afghanistan e Pakistan, ai piedi dell'Himalaya”.

Trovano l’aiuto di un Camionista che soccorre loro e Dulcinea arresasi quando il fulcro dell'ammortizzatore posteriore nel Carter del morote si è rotto a causa del peso e delle strade dissestate. "Pensavamo che il viaggio fosse finito, ma siamo stati fortunati a trovare una officina di riparazione gestita da americani, intenti a costruire una strada. Con l'esperienza acquisita lavorando nello stabilimento Vespa di Madrid abbiamo fatto il miracolo sistemandola come Dio comanda fino al nostro ritorno a casa".

Superato il passo, vicino a Rawalpindi, capitale del Pakistan in quel periodo, la Vespa ha un problema elettrico che causa un ritardo di 10 giorni. Anche in questa circostanza l’ospitalità e la gentilezza sono fondamentali per poter proseguire il viaggio. “In Pakistan, come prima in altri paesi, la gentilezza e il senso di ospitalità sono stati dimostrati innumerevoli volte. Noi, viaggiando a migliaia di chilometri dalla Spagna, avevamo bisogno di trovare amici e cercavamo affetto nelle persone con cui abbiamo avuto a che fare. I nostri interlocutori hanno preso coscienza del nostro problema e hanno ricambiato con lo stesso sincero affetto. L'ospitalità è un valore dell'essere umano che, quando è ricercato con sincerità e pulizia, si ritrova sempre. E lo abbiamo verificato in prima persona”.

Risolto il problema elettrico, attraversano tutta l’India arrivando a Calcutta dove con un aereo della britannica BOAC (British Overseas Airways Corporation) puntano verso Kuala Lumpur.

“Ad un pranzo, all'Ambasciata di Spagna a Nuova Delhi, abbiamo raccontato le nostre avventure e dalle labbra di una signora indiana abbiamo sentito il complimento più bello di tutto il nostro viaggio: «Dopo averti incontrato, ho capito come potevano essere stati solo gli spagnoli ad armare le navi per la conquista del Nuovo Mondo».

Inizialmente, il loro itinerario prevede una sosta a Manila (Filippine), ma a causa del ritardo accumulato, cambiano percorso. Da Kuala Lumpur fanno una breve sosta a Singapore, poi è la volta nell’ordine di Hong Kong (in quel periodo ancora colonia britannica indipendente della Cina), Tokyo e Honolulu nelle Haway per poi sbarcare il 24 settembre negli USA, a San Francisco.

“A Singapore e Hong Kong siamo rimasti solo poche ore, abbastanza per fare una passeggiata per la città, una conferenza stampa con i giornalisti e goderci la compagnia di alcune hostess che ci hanno mostrato come vive l'Oriente. A Tokyo e Honolulu lo scalo è stato ancora più breve”.

“Il 24 settembre siamo arrivati a San Francisco, negli Stati Uniti. Da Calcutta a San Francisco c'è stato un repentino cambiamento di temperatura. Eravamo a sette gradi quando giorni prima era normale superare i 40°. Abbiamo dormito all'Hilton Inn di San Francisco per 14 ore. Il cambio di orario, il cambio di temperatura ed il viaggio aereo ci hanno sfinito”.

Da San Francisco il viaggio riprende via terra attraverso il nord America, seguendo l’intestatale 80 (la seconda autostrada più lunga degli USA). “Fino a New York abbiamo percorso 5.600 km. Avremmo dovuto prendere l'aereo l'8 ottobre per rispettare il programma previsto. C'è stato un giorno in cui abbiamo superato i 1.000 km in Vespa. Ciò significava 16 ore in sella. California, Nevada, Ohio, Pennsylvania, Maryland, New York ... tutto in 14 giorni”.

“Le strade e le autostrade erano impressionanti, ma ci siamo dovuti abituare all'intensità del traffico, alla velocità e alla segnaletica che a volte ci rendeva troppo difficile uscire dalle città. La Vespa non ha la velocità minima consentita per la circolazione su alcune autostrade. Negli Stati Uniti tutto era diverso. L'uomo è più piccolo. La vita è vissuta più velocemente. Un residente spagnolo lì da molti anni, ci ha detto: "Gli americani vivono la vita più intensamente, ma in Spagna la viviamo meglio".

Una volta a New York City (dopo aver effettivamente fatto il primo coast to coast in Vespa), prendono un aereo per Londra. “Negli uffici della britannica BOAC hanno deciso che i passeggeri dovessero aspettare per il tempo necessario a caricare la Vespa sull'aereo. Il ritardo è stato comunicato ai passeggeri spiegando la nostra avventura. Quando siamo saliti sull'aereo, abbiamo cercato di essere discreti ma siamo stati accolti dagli applausi”.

“Atterrati a Londra l'arrivo della Vespa all'aeroporto ha fatto scalpore in dogana, molti giornalisti e fotografi hanno testimoniato il nostro arrivo. Dall'ambasciata hanno confermato i biglietti per il traghetto. Abbiamo viaggiato con molta nebbia e dormito a Dover”. Entrano in Francia direzione Amiens dove visitano il monumento a Giulio Verne. "Abbiamo dedicato una preghiera a chi con la sua fantasia ha contribuito a risvegliare la nostra, motivando l'avventura che stavamo per concludere”.

Rientrano a Madrid il 12 ottobre 1962, giorno della “Virgen del Pilar”, altra festa nazionale spagnola, riuscendo a fare il giro del mondo nel tempo record di 79 giorni. (Come Phileas Fogg, hanno guadagnato un giorno viaggiando verso est e attraversando la linea del cambio data internazionale).

“A Parigi, l'11 ottobre, alle cinque del mattino, stavamo riparando un ammortizzatore alla luce di un lampione sotto lo sguardo di due gendarmi. Abbiamo fatto il viaggio Parigi-Madrid in 30 ore. Abbiamo spinto al massimo la Vespa e la nostra resistenza, ma bisognava farlo. Il 12 ottobre , alle 12, siamo arrivati alla sede della Delegazione Nazionale Giovanile , davanti al Capo Nazionale dell'Organizzazione Giovanile Spagnola”.

I due amici hanno viaggiato in 12 paesi, per circa 40.000 km, di cui 18.937 in Vespa, su strade asfaltate, sterrate, ciottoli, montagne e deserto, compiendo un’impresa che dimostra di quali grandi cose sono capaci gli spagnoli quando si prefissano un obiettivo; soprattutto pensando a quella Spagna e al mondo in quel momento, con una tale carenza di informazioni e mappe. La storia e la forza di due grandi amici che con perseveranza e tenacia hanno reso un sogno, possibile e reale.

Al rientro dal viaggio, per ragioni contrastanti, Dulcinea è stata venduta a 100.000 pesetas.

Ritrovata e restaurata (senza però toccare le parti decorate da Dalì), la Vespa attira rapidamente l'interesse di vari musei. Dopo una prima uscita nell'estate del 1999 al raduno annuale Eurovespa, a Girona in Spagna, Dulcinea viene esposta alla mostra “The Art of Motorcycle” con la quale il Guggenheim Museum di New York inaugura il suo museo di Bilbao. L'ultima uscita della “Vespa Dalì” è nel 2000 a Londra per la mostra VespArt. Successivamente, le otto Vespa della mostra decorate da otto celebrità britanniche sono messe all'asta per beneficenza da Sotheby's.

Per mano di Giovanni Alberto Agnelli, oggi Dulcinea si trova nella sala principale, al piano terra, del museo Piaggio di Pontedera.

Attualmente "Dulcinea" non solo è la protagonista di uno dei viaggi piu’ intrepidi fatti con una Vespa, ma è considerata a tutti gli effetti un'opera d'arte firmata da Salvador Dalí, rendendola lo scooter piu’ prezioso al mondo.


Santiago Guillèn e Antonio Veciana hanno raccontato il loro viaggio in un libro anche fotografico: “En 79 días. Vuelta al mundo en Vespa” pubblicato nel 1964 dalla Doncel.

“Il vero sacrificio del viaggio è stato fondamentalmente nella velocità. Il non potersi intrattenere in paesi e città che potremmo non essere in grado di visitare di nuovo. I 79 giorni non consentivano molto altro”.

"Santiago è morto in piena giovinezza, nel 1972, e io sono morto a metà con lui. Quanto è vero, quando un amico se ne va, qualcosa ti muore nell'anima”. Antonio Veciana

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