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lunedì 18 gennaio 2021

11 - Dulcinea, Santiago e Antonio - Il primo giro del mondo in Vespa

Aldonza Lorenzo. Questo il nome della formosa contadiana a cui Alonso Quijano (o Chisciano), promette amore eterno e fedeltà indiscussa. Uomo sulla cinquantina, appassionato di romanzi cavallereschi, Alonso, convinto di esser stato nominato Cavaliere Errante, comincia la sua avventura in giro per la Spagna a difendere i deboli e riparare alle ingiustizie. Diventa Don Chisciotte della Mancia e come tutti i cavalieri erranti, sente la necessità di dedicare le sue imprese ad una dama, Aldonza, che nella follia del cavaliere, diventa una nobil donna dai capelli d'oro e di incomparabile bellezza é ribattezzata Dulcinea del Toboso.

Dulcinea del Toboso è quindi un personaggio del romanzo spagnolo di Miguel de Cervantes Saavedra, “Don Chisciotte della Mancia” (El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha). Pubblicato in due volumi (1605 e 1615) è la più influente opera del Siglo de Oro e dell'intero canone letterario spagnolo.

Dulcinea però, è anche il nome che Santiago e Antonio hanno dato alla loro Vespa.

Nell'ottobre del 1959, Santiago Guillèn e Antonio Veciana sono due studenti della Mancia (Albacete) all'Università di Madrid.

"Durante i nostri viaggi all’estero, abbiamo spesso sentito dire da inglesi, francesi o italiani che gli spagnoli viaggiano poco. Dopo aver visto “Il giro del mondo in 80 giorni al cinema” (di Michael Anderson del 1956 tratto dall’omonimo romanzo di Giulio Verne), abbiamo trasformato questo fastidiosa diceria in una sfida: Lo faremo, ma con un giorno in meno. Ad Albacete, pensavano che fossimo matti".

Due anni e mezzo dopo, il 25 luglio 1962 partono da Madrid a bordo di una Vespa 150 S (motore: monocilindrico a due tempi. Alesaggio: 57 mm. Corsa: 57 mm. Cilindrata: 145,45 cc. Velocità massima: 87 km/h. Sospensioni: con molla elicoidale ed ammortizzatore idraulico su entrambe le ruote. Freni: a tamburo. Pneumatici: 3,50 – 8), Dulcinea, prodotta dalla spagnola Moto Vespa (sotto licenza Piaggio), per l’ “Operazione Elcano” (in onore dello spagnolo Juan Sebastián Elcano primo europeo a circumnavigare il mondo); compiere il giro del mondo in 79 giorni.

“In Spagna non c'era l’ambasciata Afghana e la documentazione necessaria per il viaggio doveva essere gestita tramite la sua ambasciata a Roma o direttamente presso il Ministero degli Affari Esteri a Kabul. Ci sono voluti diversi mesi per avere il materiale cartografico più elementare”.

Senza cellulari, senza gps, senza tecnologia, una lunga preparazione ha fatto da contorno a questa impresa. Tra le varie difficoltà da affrontare ci sono la pianificazione del percorso, la ricerca di informazioni e le carte stradali atte a tracciare l’itinerario. Antonio Veciana: "Ci è costato tanta fatica; l'aiuto delle nostre famiglie, degli amici di Albacete e del Collegio Sindacale José Antonio di Madrid, è stato fondamentale. Abbiamo dovuto calcolare chilometri e creare tappe. La mancanza di rigore nel rispetto di date e orari in quella che abbiamo chiamato Operazione Elcano, poteva far fallire il viaggio. Io e Santiago, eravamo consapevoli del rischio, della difficoltà del viaggio e dell'audacia della scadenza, ma avevamo i requisiti essenziali per portarlo a termine: primo, una grande amicizia, [...] punto di forza del nostro viaggio; perché far vivere assieme due persone per tre mesi in due metri richiede una ferma fede nella propria capacità di fare e rinunciare e una solida volontà di capirsi. Secondo, la determinazione di aver dato forma ad un sogno e poterlo realizzare".

In un’impresa del genere bisogna quindi capire come sia difficile convivere per quasi 3 mesi seduti sullo stesso sellino tenendo ritmi di viaggio serrati, prendendo per questo coscienza dei propri limiti e dei limiti dell’altro.

Il progetto ha cominciato a prendere corpo e ad acquisire un certo peso sociale e mediatico, un modo per pubblicizzare positivamente il nome della Spagna all'estero, in un momento in cui questo paese non ha una buona immagine a causa della dittatura franchista. “Quando era appena nata l' Organizzazione Giovanile Spagnola , abbiamo avviato un progetto il cui obiettivo era partecipare attivamente ai compiti collettivi che hanno influenzato il nostro ambiente. Siamo intensamente coinvolti nelle attività della nostra epoca, sportive, culturali, sociali. Studenti inquieti all’ultimo anno del Liceo di Albacete. Conseguenza della Spagna che vivevamo, quella della Seat 600, della Vespa e della Montesa; la Spagna della scarsità di lavoro e della mancanza di mezzi, dell'emigrazione e delle difficoltà economiche. Una Spagna che aveva bisogno della collaborazione di tutti".

Fu scelta la Vespa, uno scooter assemblato anche in Spagna, conosciuto ed esportato in tutto il mondo; per la capacità di trasportare i 347 kg complessivi (bagaglio, mezzo e uomini) e per la grande diffusione e l’enorme rete vendita che facilita la reperibilità di ricambi qualora fosse necessario. “L’amico di un amico” ha potuto contattare Paola Antonelli Piaggo, moglie di Enrico titolare del marchio Vespa, è così arrivata la sponsorizzazione dalla Moto Vespa impegnatasi, tramite il proprio concessionario di Albacete, a fornire una nuovissima Vespa 150 S e si è fatta carico dell'assistenza tecnica e della preparazione di Santiago e Antonio che, per un mese e mezzo, hanno riparato i modelli imperfetti usciti della catena di produzione; imparando a risolvere gli eventuali problemi meccanici durante il viaggio.

Poichè i costi dei collegamenti aerei (Calcutta-San Francisco, New York-Londra) sono troppo alti, si sono rivolti al comando aereo americano presso la base congiunta di Torrejón ottenendo l’autorizzazione ad utilizzare gli aerei da trasporto: “ma nel Maggio del 61, a due mesi dalla partenza, è stato dichiarato il blocco di Berlino e lo stato di allerta nelle basi americane con la sospensione dei voli del personale. Abbiamo dovuto rimandare il viaggio di un anno".

"Il segretario del signor Dalí? Siamo due studenti universitari ... "

"Io sono Dalí, dimmi".

“Ci dice che è molto emozionato perché non ha mai dipinto una moto e chiede di portargliela. Arrivare su quella rupe e poi fino allo studio (a Cadaquez) è stata un' odissea. [...] Dipinse sullle scocche laterali una croce, una spada, una corona. Così passammo tre giorni con il genio”. (Dipinse anche il suo nome e quello di Gala, compagna e sua musa ispiratrice). In seguito Salvator Dalì dichiara di aver firmato la Vespa non solo in quanto mezzo di trasporto ma soprattutto come simbolo di mobilità e di libertà.

Il giorno della festa nazionale spagonla dell’ Apostol Santiago, nel 1962 da Madrid comincia ufficalmente il loro giro del mondo. Dopo una piccola deviazione ad Albacete, città natale, per visitare le rispettive famiglie e prendere un coltello tipico dell’artigianato locale da regalare a Papa Giovanni XXIII, percorrono la costa mediterranea fino a raggiungere Roma e Città del Vaticano. “Il momento piu’ emozionante dal punto di vista sentimentale è stato a Roma, a Piazza San Pietro, all’Obelisco, alle cinque del mattino, Santiago, Io e la Vespa. Ci siamo guardati e abbiamo detto che facciamo in questo momento; diamoci un abbraccio che Dio ci darà una mano e l’ha fatto”.

Dopo l’incontro col Papa proseguono per Brindisi, porto dove hanno una nave per Atene. La nave, partita senza preavviso e prima dell'orario previsto li costringe a ripiegare su Patrasso per entrare in Grecia e passando poi da Atene in direzione Istanbul.


Da Istanbul, porta d’oriente, lasciano l'Europa entrando in Asia attraversando l’Iran lungo la Via della Seta percorsa da Marco Polo e popolare in quegli anni come il “sentiero hippie”.

“Da Atene abbiamo iniziato a notare il cambiamento. La rotta per Istanbul ci ha abituato gradualmente a un'altra civiltà, eravamo in Oriente. Attraversando il Bosforo, l'Europa è rimasta indietro. Stavamo iniziando la fase difficile del viaggio [...] Pensa, senti e prega in modo diverso. Una sensazione simile a quella che proviamo ad Hong Kong e a San Francisco, anche se lì l'impronta dell'Europa è chiara. La California profuma di Europa. C'è qualcosa che siamo riusciti a vedere dopo aver viaggiato in 12 paesi, città per città, con culture, razze e religioni diverse. Europa, Asia e America abbiamo scoperto che hanno tutte lo stesso denominatore comune: il sorriso e lo sguardo ci sembravano uguali”.

In direzione del famoso passo di montagna Khyber (che collega Pakistan e Afghanistan), dopo aver trovato temperature infernali (fino a 51 gradi), tra Kandahar e Kabul cominciano i primi problemi di salute e tecnici.

“Sulle strade, l'asfalto è un'eccezione. Abbiamo dovuto percorrere quasi 9.500 km tra deserti, catene montuose, giungle con zone umide nella stagione delle piogge monsoniche, strade che in molti casi corrispondevano al tracciato delle vecchie rotte carovaniere utilizzate da Alessandro Magno, all'epoca delle grandi invasioni, 2500 anni fa, come il Passo Khyber, tra Afghanistan e Pakistan, ai piedi dell'Himalaya”.

Trovano l’aiuto di un Camionista che soccorre loro e Dulcinea arresasi quando il fulcro dell'ammortizzatore posteriore nel Carter del morote si è rotto a causa del peso e delle strade dissestate. "Pensavamo che il viaggio fosse finito, ma siamo stati fortunati a trovare una officina di riparazione gestita da americani, intenti a costruire una strada. Con l'esperienza acquisita lavorando nello stabilimento Vespa di Madrid abbiamo fatto il miracolo sistemandola come Dio comanda fino al nostro ritorno a casa".

Superato il passo, vicino a Rawalpindi, capitale del Pakistan in quel periodo, la Vespa ha un problema elettrico che causa un ritardo di 10 giorni. Anche in questa circostanza l’ospitalità e la gentilezza sono fondamentali per poter proseguire il viaggio. “In Pakistan, come prima in altri paesi, la gentilezza e il senso di ospitalità sono stati dimostrati innumerevoli volte. Noi, viaggiando a migliaia di chilometri dalla Spagna, avevamo bisogno di trovare amici e cercavamo affetto nelle persone con cui abbiamo avuto a che fare. I nostri interlocutori hanno preso coscienza del nostro problema e hanno ricambiato con lo stesso sincero affetto. L'ospitalità è un valore dell'essere umano che, quando è ricercato con sincerità e pulizia, si ritrova sempre. E lo abbiamo verificato in prima persona”.

Risolto il problema elettrico, attraversano tutta l’India arrivando a Calcutta dove con un aereo della britannica BOAC (British Overseas Airways Corporation) puntano verso Kuala Lumpur.

“Ad un pranzo, all'Ambasciata di Spagna a Nuova Delhi, abbiamo raccontato le nostre avventure e dalle labbra di una signora indiana abbiamo sentito il complimento più bello di tutto il nostro viaggio: «Dopo averti incontrato, ho capito come potevano essere stati solo gli spagnoli ad armare le navi per la conquista del Nuovo Mondo».

Inizialmente, il loro itinerario prevede una sosta a Manila (Filippine), ma a causa del ritardo accumulato, cambiano percorso. Da Kuala Lumpur fanno una breve sosta a Singapore, poi è la volta nell’ordine di Hong Kong (in quel periodo ancora colonia britannica indipendente della Cina), Tokyo e Honolulu nelle Haway per poi sbarcare il 24 settembre negli USA, a San Francisco.

“A Singapore e Hong Kong siamo rimasti solo poche ore, abbastanza per fare una passeggiata per la città, una conferenza stampa con i giornalisti e goderci la compagnia di alcune hostess che ci hanno mostrato come vive l'Oriente. A Tokyo e Honolulu lo scalo è stato ancora più breve”.

“Il 24 settembre siamo arrivati a San Francisco, negli Stati Uniti. Da Calcutta a San Francisco c'è stato un repentino cambiamento di temperatura. Eravamo a sette gradi quando giorni prima era normale superare i 40°. Abbiamo dormito all'Hilton Inn di San Francisco per 14 ore. Il cambio di orario, il cambio di temperatura ed il viaggio aereo ci hanno sfinito”.

Da San Francisco il viaggio riprende via terra attraverso il nord America, seguendo l’intestatale 80 (la seconda autostrada più lunga degli USA). “Fino a New York abbiamo percorso 5.600 km. Avremmo dovuto prendere l'aereo l'8 ottobre per rispettare il programma previsto. C'è stato un giorno in cui abbiamo superato i 1.000 km in Vespa. Ciò significava 16 ore in sella. California, Nevada, Ohio, Pennsylvania, Maryland, New York ... tutto in 14 giorni”.

“Le strade e le autostrade erano impressionanti, ma ci siamo dovuti abituare all'intensità del traffico, alla velocità e alla segnaletica che a volte ci rendeva troppo difficile uscire dalle città. La Vespa non ha la velocità minima consentita per la circolazione su alcune autostrade. Negli Stati Uniti tutto era diverso. L'uomo è più piccolo. La vita è vissuta più velocemente. Un residente spagnolo lì da molti anni, ci ha detto: "Gli americani vivono la vita più intensamente, ma in Spagna la viviamo meglio".

Una volta a New York City (dopo aver effettivamente fatto il primo coast to coast in Vespa), prendono un aereo per Londra. “Negli uffici della britannica BOAC hanno deciso che i passeggeri dovessero aspettare per il tempo necessario a caricare la Vespa sull'aereo. Il ritardo è stato comunicato ai passeggeri spiegando la nostra avventura. Quando siamo saliti sull'aereo, abbiamo cercato di essere discreti ma siamo stati accolti dagli applausi”.

“Atterrati a Londra l'arrivo della Vespa all'aeroporto ha fatto scalpore in dogana, molti giornalisti e fotografi hanno testimoniato il nostro arrivo. Dall'ambasciata hanno confermato i biglietti per il traghetto. Abbiamo viaggiato con molta nebbia e dormito a Dover”. Entrano in Francia direzione Amiens dove visitano il monumento a Giulio Verne. "Abbiamo dedicato una preghiera a chi con la sua fantasia ha contribuito a risvegliare la nostra, motivando l'avventura che stavamo per concludere”.

Rientrano a Madrid il 12 ottobre 1962, giorno della “Virgen del Pilar”, altra festa nazionale spagnola, riuscendo a fare il giro del mondo nel tempo record di 79 giorni. (Come Phileas Fogg, hanno guadagnato un giorno viaggiando verso est e attraversando la linea del cambio data internazionale).

“A Parigi, l'11 ottobre, alle cinque del mattino, stavamo riparando un ammortizzatore alla luce di un lampione sotto lo sguardo di due gendarmi. Abbiamo fatto il viaggio Parigi-Madrid in 30 ore. Abbiamo spinto al massimo la Vespa e la nostra resistenza, ma bisognava farlo. Il 12 ottobre , alle 12, siamo arrivati alla sede della Delegazione Nazionale Giovanile , davanti al Capo Nazionale dell'Organizzazione Giovanile Spagnola”.

I due amici hanno viaggiato in 12 paesi, per circa 40.000 km, di cui 18.937 in Vespa, su strade asfaltate, sterrate, ciottoli, montagne e deserto, compiendo un’impresa che dimostra di quali grandi cose sono capaci gli spagnoli quando si prefissano un obiettivo; soprattutto pensando a quella Spagna e al mondo in quel momento, con una tale carenza di informazioni e mappe. La storia e la forza di due grandi amici che con perseveranza e tenacia hanno reso un sogno, possibile e reale.

Al rientro dal viaggio, per ragioni contrastanti, Dulcinea è stata venduta a 100.000 pesetas.

Ritrovata e restaurata (senza però toccare le parti decorate da Dalì), la Vespa attira rapidamente l'interesse di vari musei. Dopo una prima uscita nell'estate del 1999 al raduno annuale Eurovespa, a Girona in Spagna, Dulcinea viene esposta alla mostra “The Art of Motorcycle” con la quale il Guggenheim Museum di New York inaugura il suo museo di Bilbao. L'ultima uscita della “Vespa Dalì” è nel 2000 a Londra per la mostra VespArt. Successivamente, le otto Vespa della mostra decorate da otto celebrità britanniche sono messe all'asta per beneficenza da Sotheby's.

Per mano di Giovanni Alberto Agnelli, oggi Dulcinea si trova nella sala principale, al piano terra, del museo Piaggio di Pontedera.

Attualmente "Dulcinea" non solo è la protagonista di uno dei viaggi piu’ intrepidi fatti con una Vespa, ma è considerata a tutti gli effetti un'opera d'arte firmata da Salvador Dalí, rendendola lo scooter piu’ prezioso al mondo.


Santiago Guillèn e Antonio Veciana hanno raccontato il loro viaggio in un libro anche fotografico: “En 79 días. Vuelta al mundo en Vespa” pubblicato nel 1964 dalla Doncel.

“Il vero sacrificio del viaggio è stato fondamentalmente nella velocità. Il non potersi intrattenere in paesi e città che potremmo non essere in grado di visitare di nuovo. I 79 giorni non consentivano molto altro”.

"Santiago è morto in piena giovinezza, nel 1972, e io sono morto a metà con lui. Quanto è vero, quando un amico se ne va, qualcosa ti muore nell'anima”. Antonio Veciana

lunedì 4 gennaio 2021

10 - Ajala il Viaggiatore - Un Nigeriano in Lambretta

Olabisi Ajala era più di un connazionale stimolante; era la personificazione stessa dell'avventura. Un viaggiatore panafricano davvero elettrizzante che ha sfruttato al meglio il suo tempo nel modo che riteneva migliore, rimane un cittadino globale e una leggenda a pieno titolo. In un momento in cui milioni di giovani nigeriani sono spaventati e completamente pietrificati da tutto ciò che anche lontanamente ha il sapore di esplorazione o avventura, la storia del viaggio di Ajala dovrebbe essere più di un'ispirazione ad andare per il mondo”. Ebenezer Obey

Strana accoppiata, un Nigeriano ed una Lambretta. Purtroppo non conosco il modo in cui Olabisi sia entrato in possesso dello scooter italiano, nè tantomeno perchè abbia scelto proprio la Lambretta. Resta il fatto che ogni viaggiatore o giramondo nigeriano almeno una volta è stato definito “Ajala”. Molti usano persino la designazione nei loro pseudonimi; “Wondering Ajala, Ajalaman”. Questo vocabolo è quindi diventato familiare e parte della lingua di nigeriana (anche se molti giovani non ne conoscono la vera origine), mentre la sua Lambretta è diventata monumento nazionale.

Moshood Adisa Olabisi Ajala è il ventiquattresimo di venticinque figli. Nato in Ghana nel 1929 da genitori Nigeriani, Padre musulmano con quattro mogli e, cresciuto in Nigeria, dove ha frequentato la Baptist Academy a Lagos e l'Ibadan Boys “High School” ad Ibadan. L'obiettivo iniziale di Ajala è studiare medicina per “contrastare il vudù e ad altre superstizioni” e in effetti, a diciotto anni parte per l’America dove è ammesso alla “Delta Upsilon Pi”, organizzazione studentesca presso la De Paul University di Chicago come studente in medicina. E’ così attivo che viene nominato direttore del giornale del campus, il De Paulian. In quegli anni Ajala afferma che: “Il mondo dovrebbe mandare medici in Africa e missionari a Chicago. I gangster qui hanno bisogno di convertirsi molto più di noi”.

Il 12 Giugno del 1952, intraprende un viaggio in bicicletta di 2280 miglia da Chicago a Los Angeles, dove arriva il 10 Luglio. Autoproclamatosi ambasciatore culturale della Nigeria nel mondo, lo scopo del suo viaggio è sensibilizzare ed informare il pubblico americano sui progressi compiuti dal suo paese nativo, la Nigeria. Il tour include anche soste per tenere conferenze in 11 grandi città. Ha fatto il suo tour indossando costumi tradizionali nigeriani “Yoruba Agbada” (gli Yorùbá sono un vasto gruppo etno-linguistico di circa 40 milioni di persone e diffuso nell'Africa occidentale, Agbada è uno dei nomi per una veste fluente a maniche larghe indossata dagli uomini sempre in gran parte dell'Africa occidentale) descritti come "abiti a motivi elaborati con copricapi in feltro da abbinare", di cui Ajala ha detto: “mostrerà e dimostrerà agli americani che non andiamo in giro nudi”.

Nella Città degli Angeli, Ajala è ricevuto dal sindaco Fletcher Bowron. Raccontando la sua esperienza del tour, afferma che in generale tutto è andato bene, l'unico “incidente” è avvenuto a Topeka in Kansas, dove viene imprigionato per 44 ore; conseguenza alle proteste fatte per essersi visto rifiutare una stanza d’albergo perchè nero.

Dopo il suo audace viaggio in bicicletta attraverso gli Stati Uniti, Ajala è diventa il beniamino di molti, i giornalisti lo assediano e dall'oggi al domani è una celebrità. Accordi, sponsorizzazioni e contratti gli piombano addosso. Uno di questi è il contratto con la 20th Century-Fox Studio, per interpretare il ruolo di “Jacques\Ola” nel film White Witch Doctor (Tempeste sul Congo) di Henry Hathaway con Robert Mitchum. (Ajala ha fatto il provino alla 20th Century-Fox su suggerimento di un attore di nome Ronald Reagan, i due si sono conosciuti a Londra nel 1949).

Trasferitosi alla Roosevelt University (allora chiamata "Roosevelt College") per studiare psicologia e nonostante la nascita del suo primogenito, il 1953 è un anno particolarmente pesante per Ajala che si ritrova ad affrontare problemi giudiziari su piu’ fronti.

Carismatico, affascinante, avventuriero, Ajala è un uomo amato dalle donne ed ama le donne a sua volta. Il 21 Gennaio di quel 1953, Myrtle Bassett, infermiera di Chicago dopo aver dato alla luce un bambino di 3,08 kg intenta una causa di paternità contro Ajala che non vole riconoscere il bambino anche se ne firma il cetrificato di nascita e lo chiama Oladipupo. Intimato dal tribunale, si fa carico sia delle spese mediche, che del mantenimento del piccolo per i primi periodi ma pretende, giustamente, che la “presunta” madre effettui le analisi del sangue per certificare la paternità del bimbo. Alla fine, quando la Signora Bassett accettata di fare le analisi, Ajala scompare ed il tribunale inevitabilmente lo condanna, ordinandogli di pagare alla Bassett 10 dollari a settimana per il mantenimento del loro bambino, chiamato anche Andre. Nel 1976, sopraffatto dai rimorsi, Ajala decide di cercare suo figlio. Si ritrovano a New York dove Oladipupo lavora come musicista e chitarrista, entusiasta, Aj vuol fargli visitare la Nigeria proponendogli anche di esibirsi al World Black Arts Festival. Dopo 23 anni: “Sono molto felice d’aver ritrovato Andre. È il mio figlio maggiore ed è così pieno di vita. Sono felicissimo di averlo trovato”. (Oladipupo, Andre Ajala è morto a Oakland nel gennaio 2020 all'età di 67 anni).

Sempre nel 1953 quindi, la polizia di Beverly Hills, in California, arresta ed imprigiona Ajala per dei brogli con assegni scoperti. Lui si dichiara innocente addossando la colpa ad un ex banchiere, Arnold Weigner, sostenendo di esser stato ingannato. Nonostante la difesa dell’avvocato Elias Powell, il giudice Orlando H.Rodi lo condanna ad un anno di reclusione (pena poi sospesa) e all'espulsione immediata dopo aver scontato la condanna. La pena è aggravata anche dal fatto che Ajala ha abbandonato gli studi, ora al Santa Monica Junior College, invalidando effettivamente il visto studentesco per “mancanza di regolare frequenza scolastica”. Disperato per la sorte che lo attende in patria, (sarebbe stato giustiziato da suo padre secondo una "tradizione tribale"), si arrampica su una torre radio di 25 metri minacciando di buttarsi; “preferisco saltare, all’esser deportato”. Resta sulla torre per 24 ore senza ottenere alcun risultato. Se sia scivolato o si sia lanciato di proposito non è chiaro, resta il fatto che ha lasciato la torre con un volo di svariati metri, riportando una distorsione alla schiena. Dopo la caduta, comincia un digiuno di 30 giorni che i funzionari dell'immigrazione interpretano come sciopero della fame per fermare la sua deportazione, Ajala afferma che sta semplicemente osservando il suo Ramadan, periodo di digiuno dettato dalla sua fede islamica. Ad ogni modo, a seguito di questa ulteriore “protesta”, Aj viene si espulso, ma con destinazione Londra.

Le storie di donne e mogli si susseguono una dopo l’altra, Ajala non ha perso il suo fascino ed il suo amore per il sesso opposto (sempre molto ricambiato). Nel dicembre 1954, Olabisi torna negli Stati Uniti con una nuova moglie, Hermine Aileen, modella di New York incontrata a Londra, che però nel 1955 chiede il divorzio accusandolo di adulterio (accusa che Aj non ha mai smentito). Poi è la volta di Joan Simmons, attrice diciannovenne a Londra, Toyin Ajala in Inghilterra, Sherifat Ajala (madre della sua ultima figlia, Bolanle) in Nigeria, Joane Prettan Professoressa di 28 anni in Australia (questa unione ha suscitato l'interesse di molti perché a quel tempo solo circa 100 uomini di colore principalmente aborigeni sono diventati cittadini australiani).

La più popolare tra le sue mogli nigeriane è Alhaja Sade, (menzionata, come esempio di bellezza, nella famosa canzone di Ebenezer Fabiyi Obey “Ajala-Alhaja” nell'album "Board Members”. La canzone è anche un inno allo stesso Ajala ed alle sue avventure in giro per il mondo: “ Alajala mi Omo Olola, Alajala mi Oko Alhaja Sade; Alajala mi Omo Olola, Alajala mi Oko Alhaja Sade; Ore mi kama paro, ka mu t’egan kuro, Sade dara l’obinrin; Ajala travel all over the world, Ajala travel all over the world, Ajala travels, Ajala travels, Ajala travel all over the world”. YouTube: Ebenezer Obey - Board Members (side one)

Si presume che quest’ultima (Sade) è sfiorita e caduta nel’indigenza, il Saturday Sun ha compiuto una piccola ricerca sulle tracce della donna, quì l’articolo:  https://www.sunnewsonline.com/46-years-after-socialite-sade-of-ebenezer-obey-fame-turns-destitute/

Dopo il primo viaggio in bici attaverso gli States, Il 27 aprile 1957, da Londra, Moshood Adisa Olabisi Ajala intraprende un viaggio “This Safari”, durato alla fine 6 anni: “ho iniziato la mia Odissea individuale in giro per il mondo. È ancora in corso mentre scrivo questo a Sydney, in Australia. In quasi tutti gli ottantasette paesi che ho visitato nel corso dei miei sei anni di viaggio in giro per il mondo (dal Nord America all'Europa orientale e occidentale, attraverso l'Africa e l'Asia e fino all'estremo oriente fino alla Corea, Indonesia e Australia), ho osservato molti regimi politici diversi, sia negli stati democratici che in quelli comunisti. Ho incontrato brutalità e intolleranza razziale. Ho sentito l'amaro male della disumanità dell'uomo nei confronti dell'uomo. Allo stesso modo mi sono meravigliato della bontà di 87 paesi dal cuore umano”.

Con una italianissima Lambretta (non una Vespa come erroneamente riportato da molti), nei sei anni che lo vedono in tour, percorre tra i vari paesi, Australia, Israele, India, Polonia, Iran, Russia, Ghana, Cipro, Nigeria, Egitto, Belgio, Pakistan, India, Giordania, Italia, Albania, Germania, Romania, Turchia, Kenya, Corea, Indonesia. Mondano giramondo porta la Nigeria in auge, dapprima sconosciuta a molti, ora trova una posizione sulla mappa globale. Attraversa terre, città e luoghi rurali dove nessun uomo di colore ha mai messo piede prima; in una fattoria nei dintorni di Minsk, nell’attuale Bielorussia, il suo arrivo causa la fuga di alcuni locali in preda al panico alla "vista spaventosa" dell'uomo nero che invade il loro villaggio. In un altro frangente, un bambino gli ha chiesto se la gente in Africa beve latte nero!  O ancora, durante una visita a un orfanotrofio di Varsavia, in Polonia, una bambina che non ha mai visto un uomo di colore, scoppia a piangere alla sua vista. E’ il precursore di tutti i viaggiatori africani, coi suoi abiti tradizionali, lo zaino in spalla, lo Scooter e la barba lunga, è “la risposta africana a Marco Polo”.

Attraversa zone di eterno conflitto, siano esse in Africa, Asia o Medio Oriente; in Libano sulla strada per Israele, le forze di sicurezza libanesi lo arrestano credendolo in missione di spionaggio per conto israeliano. Sa che l’attraversamento in ogni punto di confine sulla linea arabo-israeliana è un tentato suidicio, ma ha il coraggio di continuare il viaggio e di ripetersi nella terra di nessuno ("Quando vaghi per la terra di nessuno, come hai fatto questa mattina, o i soldati israeliani o gli arabi ti spareranno addosso"); perchè la sete di conoscenza e la forza di volontà Yorùba sono forti almeno quanto l’odio che si respira nelle terre appartenute anche ai Fenici.

Disarmante la naturalezza con la quale si presenta alle frontiere per attraversarle senza nessun visto, la missione dei viaggiatori a “lungo termine” è visitare paesi e luoghi di interesse man mano che si presentano e anche quando i confini tendono ad escludere, questi viaggiatori cercano passaggi con ingegnosità e creatività. La tattica di Ajala rasenta spesso la morte ed incappa spesso in violente punizioni, rifiutando la cooperazione con gli organi preposti, a volte ignorando, se non addirittura negando, i protocolli.

Dopo aver trascorso settimane nella Giordania di Re Hussein, alla Porta di Mandelbaum, checkpoint che separa le parti israeliana e giordana di Gerusalemme si presenta un uomo di colore, sedicente giornalista su un impolverato scooter italiano, con abiti tipici e vistosi di terre lontane. Nonostante l’assenza del lasciapassare coinvolge, loro malgrado, gli impettiti frontalieri in un dialogo atto ad ammorbidire la posizione di iniziale riluttanza. All’ennesimo rifiuto dei soldati, Ajala: “ma, fratello mio, mi stai chiedendo di viaggiare quasi mille miglia per entrare in Israele, quando posso farlo da qui in meno di un minuto".

NO!

Si incammina quindi verso la direzione indicata dai militari ma approfittando di una loro distrazione, si getta a tutto gas nel passaggio! Inevitabile la conseguente pioggia di proiettili che lo vedono incolume sul suolo israeliano, con l’immaginabile parapiglia successivo tra le autorità giordane ed israeliane. Unica perdita, la gomma posteriore della sua Lambretta. Per assurdo, il rocambolesco sistema che lo vede entrare in Israele è il motivo per cui riesce ad incontrare l’allora ministro degli Esteri israeliano, Golda Meir.

“Shalom, Mr. Ajala (…) Mi sono affrettato a ripetere la sua parola di saluto. Shalom, Vostra Eccellenza. Difficilmente apprezzerà quanto le sono profondamente grato per avermi permesso di entrare in Israele dopo aver causato così tanti grattacapi a Lei ed ai suoi funzionari. (…) Non capita spesso di avere questo tipo di problemi, il suo coraggio ci ha impressionato Mr Ajala. Abbiamo pensato di doverlo ricompensare. (…) Israele è casa Sua quanto la Nigeria”.

Molteplici anche i suoi incontri (fortemente voluti) con vari leader del mondo; Alhaji Tafawa Balewa, primo ministro della Prima Repubblica della Nigeria, il Maresciallo Ayub Khan del Pakistan, Makarios III di Cipro, l’ ultimo scià di Persia Mohammad Reza Shah Pahlavi, il Generale Ignatius Acheampong del Ghana, , Odinga Oginga, ex vice presidente del Kenya.

Nikita Khrushchev, presidente dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. L’ incontro avviene nella Germania orientale dove elude la sicurezza di un evento pubblico, in un'azione che lo porta faccia a faccia con il premier al quale rifila una lettera recuperata dal berretto per chiedere un visto per la Russia. Visto, in precedenza sempre negato, nonostante la richiesta negli uffici di Londra, di Parigi e di Bruxelles.


Il Presidente della Repubblica egiziana Gamāl ʿAbd al-Nāṣir Ḥusayn – Nasser. Altra missione del suo viaggio è l’Egitto, visitare la Sfinge, il Monte Sinai (dove Mosè ricevette i Dieci Comandamenti) ed intervistare il Presidente Nasser. L’ingresso nel paese avviene senza incidenti, quando invece si sposta nella capitale egiziana, nello specifico al “Gezira Country Club” dove è consentito l'ingresso solo a bianchi e anglo-egiziani; “questo club e la sua discriminazione razziale vanno avanti da anni. Non c'è modo che Nasser possa scoprirlo, perché i membri sono tutti pezzi grossi che sono in combutta con la polizia e il governo”. Nel suo modo caratteristico, non solo Ajala si rifiuta di dare ascolto alla disposizione di esclusione, ma utilizza la sua strategia di forzare un dialogo (come coi frontalieri a Gerusalemme) con i “padroni” del club. “Oltre ad essere stato picchiato fino allo stato di incoscienza, al rientro, dopo giorni in ospedale, sono deportato in Siria”.

Questo accadimento, piuttosto che scoraggiare Aj, lo rende ancor piu’ determinato nel perseguire il suo scopo, intervistare e parlare (ora anche del trattamento “ostile” ricevuto dalla polizia egiziana) con Nasser, che per qualche strana coincidenza è anche lui in Siria. "Sapevo che per me vedere Nasser a Damasco sarebbe stato molto più difficile che al Cairo [...] Ogni giorno alle 6 del mattino e per le due settimane successive, stavo aspettando direttamente davanti al suo palazzo presidenziale sperando che uscisse. Il tredicesimo giorno dei miei sforzi fino a quel momento poco promettenti, verso le 17:00 il presidente Naseer è emerso dall'interno della sua residenza diretto alla sua macchina". Olabisi con la barba folta ha urlato più forte che poteva ed ha attirato finalmente l'attenzione del presidente. Viene accolto calorosamente e torna in Egitto; “Ha ordinato ad uno speciale aereo militare di riportarmi al Cairo con il mio scooter. Fu prenotata per me una camera all'Hilton del Cairo e ricevetti un trattamento da tappeto rosso". Ovviamente le regole del Gezira Country Club furono “riviste”.

Il primo ministro indiano Jawaharlal Nehru. “Senza essere prevenuti o eccessivamente critici, si possono identificare gli indiani come selvaggi spaventosamente ignoranti, ma allo stesso tempo sono una delle società più colte e letterate del mondo. Si può ulteriormente descrivere l'India come il più orribile ma il più colorato e affascinante dei paesi. In breve, ogni possibile contraddizione è presente in questa parte del mondo [...] Ad eccezione del Primo Ministro, la maggior parte degli indiani che ho incontrato […] erano snob ed intolleranti, con abitudini detestabili e fastidiose. Ad esempio, il suono di qualcuno che sembra vomitare ed è in evidente agonia, ti fa uscire da un sonno piacevole alle 5 del mattino. Ti alzi, pieno di simpatia e pronto ad aiutare, solo per trovare qualcuno che si pulisce i denti e si schiarisce allegramente la gola con i suoni più disgustosi.”. Una descrizione sintetica di Ajala di quello che in India ha visto e che l’India gli ha trasmesso.

Tra le sue tappe, non manca l’Italia. Lo troviamo, primo concorrente di colore, a “Lascia o raddoppia?” (uno dei più famosi programmi televisivi a quiz del primo canale italiano (Rai1), versione italiana appunto, del format francese “Quitte ou double?”, a sua volta derivato dal game show statunitense “The $64,000 Question”). Etnologia la materia scelta per partecipare programma. Olabisi appare regolarmente in TV con gli abiti tradizionali nigeriani, trasformando ogni sera dello spettacolo in una celebrazione del suo patrimonio etnico e culturale. L'ultima sera, Olabisi entra nello studio televisivo con uno smoking impeccabile, mentre il famoso presentatore Mike Bongiorno dimostrando la capacità di interagire con gli aspetti più genuini dell'identità dei suoi concorrenti, indossa il tradizionale costume di Ajala.

Tutte le storie di questo viaggio, Ajala le documenta nel suo unico libro “The African Abroad” pubblicato nel 1963 a Londra. 255 pagine fitte di riflessioni, aneddoti e storie, scritto a metà tra un diario di viaggio e un pezzo di giornalismo. Ha espresso opinioni su come le persone vivono nei luoghi che ha visitato, ha espresso opinioni sulle situazioni politiche che ha vissuto senza però pretendere di avere la verità in tasca, riportando “semplicemente” le sue esperienze. L’ introduzione del libro scritta da Tom Mboya (uno dei padri fondatori della Repubblica del Kenya), la sua nascita in Ghana, la vita in Nigeria, l’attraversamento di quasi tutte le culture africane non possono che identificare Ajala nel “viaggiatore Panafricano per eccellenza”.

Al ritorno in Nigeria, Ajala è un addetto stampa e un guru della pubblicità; la sua straordinaria fama e notorietà acquisite dal viaggio e dagli incontri con i potenti del mondo, porta molti musicisti come il prima citato Obey,  Sunny Ade e Ayinde Barrister a cantare le sue gesta. Del capo Sikiru Ayinde Barrister diventa promotore, lo aiuta con i media e svolge un ruolo importante nel garantire spettacoli ed esibizioni. Il rapporto tra i due si deteriora velocemente con la diffamazione a mezzo canzone di Ajala che ricorre al tribunale. L’intervento congiunto di MKO Abiola, Ebenezer Obey, Alhaji Buari Oloto e M. Ola Kassim, mitiga la crisi e si arriva ad un “armistizio” con un nuovo album di Ayinde nel quale tesse le lodi di Ajala.

Purtroppo da quel momento in poi, l'influenza, la popolarità e la fama di Ajala iniziano a scemare, non può più sostenere una vita fatta di opulenza, spettacolo e glamour. Si trasferisce in uno squallido appartamento "Il salotto di Ajala è privo di moquette, un tavolo con cinque sedie di ferro in un angolo che funge anche da tavolo da pranzo, un vecchio televisore in bianco e nero, mal posto su uno scaffale sgangherato, il cuscino del divano fa male ai glutei perché appiattito, le tende alla finestra dell'appartamento sono lise, è davvero una storia di miseria".

Il 18 giugno 1998, Ajala ha un ictus che gli paralizza l'arto sinistro, la sua salute peggiora nel gennaio 1999 e viene ricoverato al Lagos General Hospital di Ikeja il 25 gennaio 1999.

Ajala ha visto tutto, dalle più grandi manifestazioni di ricchezza agli stupefacenti corridoi del potere. Ma in qualche modo, quando la morte bussa alla sua porta, è uno dei nigeriani più poveri al mondo.

Il 2 febbraio 1999, l'uomo affettuosamente conosciuto come "Ajala travel" muore.

“Ajala il viaggiatore ha esplorato l'inesplorato. Ha fatto la storia. E ha anche vissuto la vita. Ha realizzato un'impresa che nessun nigeriano o africano ha mai realizzato”. Adebayo Ebenezer Mayowa

 



Il libro “The African Abroad” di Ajala è attualmente introvabile presso le librerie. Si può però consultare presso queste biblioteche:

https://www.worldcat.org/title/african-abroad/oclc/1620004