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domenica 27 dicembre 2020

9 - Fabio Salini - Promesse Mantenute

Sestri Levante è un comune ligure con 18.000 abitanti che si affaccia sul golfo del Tigullio. Per la sua conformazione geografica é definita la "città dei due mari", non a caso, il centro storico si affaccia su due baie, quella delle Favole (nome attribuito da Hans Christian Andersen) e quella del Silenzio.

- Il luogo che ti è rimasto nel cuore?

“ La baia del Silenzio di Sestri, quando sono ritornato a casa dal viaggio in Australia”.

Oggi ho avuto il piacere di poter discorrere per ore con Fabio Salini, un Viaggiatore sui generis. Nelle sue parole non ci sono visioni ascetiche di viaggi fatti per trovare la pace dei sensi o l’armonia con il tutto; “ho attraversato l’India in vespa non perchè cerco qualcosa, ma per andare in Autralia è di strada”.


Fabio è il ragazzo della porta accanto, lavoro, amici, fidanzata, Vespa, ma che fa delle promesse e le mantiene.

- La scelta della meta di un viaggio è spesso figlia di mille ed un motivo, come mai l’Australia?

“Per una promessa tra Amici”. Tre amici (Fabio, Federico e Luca) che si sono ripromessi di raggiungersi in ogni luogo nel quale si spostano.

La storia in Vespa di Fabio comincia nel 2003 con un Px rosso, Mya (regalo della Mamma per la promozione in quarta superiore). Gite fuori porta, al mare con gli amici, passeggiate serali allungate sullo sfondo meraviglioso delle Cinque Terre. Da quì, il grande amore per la Vespa e per i viaggi, “All’inizio i miei viaggi erano completamente all’avventura, non mi curavo di nulla, pieno di benzina, tenda e via verso una nuova meta”.

- Cosa ti spinto a viaggiare  in Vespa?

“E’ stata quasi una scelta naturale, ho sempre fatto tutto in Vespa, consuma poco, è facile da gestire e poi, avevo solo quella”.

Nel 2007, percorre tutto il cuore dello stivale con partenza ed arrivo a Sestri raggiungendo la Puglia dal Tirreno e risalendo dall’Adriatico. E’ la volta di Francia ed Inghilterra nel 2008; “dovevo andare a Manchester per lavoro, persi l’aereo, quello del giorno dopo costava un botto, il piu’ abbordabile tra 6 giorni, troppi. Ho fatto due conti da buon ligure, la benzina, i pernottamenti, ho preso la Vespa e sono partito il giorno dopo”. Poi il Marocco attraversando Francia e Spagna. Malta, dopo aver attraversato tutta la penisola italiana. La Grecia ed i vari “Vespa Days”; San Marino, Mantova, Biograd, Saint Tropez, Belfast.

“Negli anni ho girato L’Italia, l’Europa, il Marocco, avventurandomi per un paio di volte in Inghilterra finché la noiosa e protocollata vita lavorativa ha messo fine al mio girovagare. Per chi ama viaggiare in moto, soprattutto in Vespa, i raduni della domenica o del fine settimana non possono essere sufficienti a sedare lo spirito di avventura”.

Nel 2017 a 31 anni, lascia un lavoro sicuro e ben pagato, una promessa é una promessa, si va a Melbourne. “Non ho realizzato quello che mi accingevo a fare fino a quando una calda domenica di Giugno sono partito, da solo. Non potrò provare mai più quel misto di paura e di ansia come quel giorno”.

- Come organizzi il pre partenza, hai dei “riti”? (passaggio al bar con gli amici, una coperta per la vespa la notte prima, un lumino a San Gennaro)

“No, non ho dei riti. Di solito però si tende a partire di mattina presto o giu’ di lì. Invece, prima di partire per l’Australia ero così teso e preso tra ansia e paura (parto, non parto), che finita di preparare la Vespa con bagagli e attrezzatura verso le 5 del pomeriggio, ho deciso di andare direttamente  e senza aspettare l’indomani. Ho tirato dritto fino a Parma dove mi son fermato da amici per la notte”.

- Si dice dei vespisti che nei loro bauletti puoi trovare anche i “Rotoli del Mar Morto”. Hai competenze meccaniche, porti dietro con te molti ricambi e “ferri” del  mestiere?

“No, non ho grosse competenze meccaniche, mi sono allenato prima di partire cambiando la corda della frizione più volte, sai quante corde della frizione ho rotto per arrivare in Australia? Zero. Comunque, porto con me i ricambi di tutto quello che è esterno al motore: cavi, candele, lampadine, bobina, regolatore e (ho imparato a mie spese in passato) anche la leve del manubrio. Per le chiavi tutte quelle che possono essere utili o speciali per la vespa. Per gli altri pezzi di ricambio, rispetto all’epoca di Bettinelli (del quale molto ho letto) basta fare una telefonata in Italia e con DHL express ti arrivano in quasi tutto il mondo in meno di una settimana”.

- Navigatore, cartina, o cellulare?

“Se possibile uso la cartina come ho fatto in Marocco, quando ho cominciato a viaggiare, i cellulari avevano giusto lo “Snake”. Oggi utilizzo anche il telefono, ma lo uso come fosse una cartina digitale, ingrandisco per scegliere il percorso e vado, senza affidarmi obbligatoriamente al navigatore. Ad ogni modo a parte Google Maps, uso Maps.me e mi sono sempre trovato bene. In certe occasioni prima di partire mi cerco le opinioni o i consigli di qualche altro Viaggiatore che da poco è stato nei posti che mi interessano, le loro informazioni sono molto pratiche e preziose”.

Italia, Austria, Slovenia, Ungheria, Romania, Serbia, Bulgaria, Turchia, Georgia, Azerbaijan, Iran, Pakistan,  India, Nepal, Myanmar, Thailandia,  Malesia, Indonesia, Australia. Ventimila chilometri e quattro mesi di viaggio prima di poter rivedere, il 10 Ottobre, Sestri e la sua Compagna Pamela alla quale ha fatto un’altra promessa, mantenuta; tornar da Lei in massimo 4 mesi.

- Come hai deciso il tuo itinerario?

“Cercando di percorrere la strada piu’ corta per arrivare a Melbourne, tanto come sempre accade ci sono deviazioni al piano originale. Difatti, l’appuntamento australiano con Luca è stato spostato a Katmandu (per la scadenza del visto australiano), così ho deviato per il Nepal. Nel mentre, si è sparsa la voce del mio viaggio; dall’Indonesia e dalla Malesia ho ricevuto tanti messaggi ed inviti per partecipare all’Asia Vespa Days e all' Indonesia Scooter Festival, così ho fatto un’altra piccola deviazione”.


- Problemi ad entrare in Nepal, la vespa come si è comportata?

“Entrare in Nepal è stato facile, non essendo in programma, mi sono semplicemente presentato al posto di frontiera ed ho chiesto l’ingresso, 25 dollari e mezz’ora dopo viaggiavo in direzione di Katmandu. La Vespa mi ha fatto un po tribolare, dopo varie prove sono riuscito ad andare, ma con la miscela al 6,5%. Devo dire a sua discolpa che nelle lunghe strade Iraniane ho viaggiato in compagnia di un altro motociclista con una Gs 1200, lui andava piano, ma per tenere l’andatura sono stato un pò troppo al limite col gas. Morale; ad un cartello che indica a destra Katmandu 120 km ed a sinistra Katmandu 60 km prendo ovviamente per i 60 km, ho grippato la Vespa nel nulla delle strade sterrate Nepalesi, da solo e nel buio totale. Mi sono poi fatto forza e sono riuscito comunque ad arrivare a Kathmandu”.



- Qualche aneddoto bizzarro di viaggio?

“Un’esperienza surreale è avvenuta in India, dove ho atteso che un elefante “cargo” finisse il lavoro sulla strada, come da noi potremmo attendere un camion in manovra. In Australia invece, ho visto un Koala a bordo strada sotto l’effetto allucinogeno dell’eucalipto! Oppure sempre in India, delle scimmie hanno tentato di rapinarmi ed un gruppo di locali hanno assistito alla scena ridendo. Quando poi sono arrivato in Indonesia, centinaia di persone mi chiedono l’autografo, di scattare foto assieme, interviste televisive, sono diventato una “star”, un italiano che viene dall’Italia con una Vespa italiana per il loro raduno di Vespe italiane è il top. Un bambino è persino venuto in hotel, per chiedermi l’autografo!”.


- A proposito di India, terra dalle mille contraddizioni, come ti ci sei trovato?

“Dell’India non ho un buon ricordo, il mio viaggio in effetti è cambiato a Varanasi. Varnasi è la capitale spirituale dell'India, quindi meta dei pellegrini indù che si immergono nelle acque del Gange e fanno riti funerari bruciando pile e pile di legna con i defunti, per poi gettarne le ceneri nel fiume. Mi sono ritrovato a fare un breve tour sul fiume accompagnato da una guida un pò fastidiosa che, per non far mancare nulla al mio “giro turistico”, mi ha portato infine da una anziana donna dove mi sono visto “obbligato” ad acquistare una pila della legna di cui sopra. Avendo un budget limitato e non volendo spendere piu’ di tanto per una cosa della quale non avevo bisogno, sono incappato nelle ire della Signora che, con fare arrabbiato, ha iniziato a pronunciare incomprensibili frasi e fare strani gesti. Incurante mi son girato e sono andato via. Non sono particolarmente superstizioso, ma il giorno seguente, scendendo le scale dell’albergo, sono scivolato sui gradini e mi sono storto la caviglia sinistra. Ho dovuto fare centinaia di chilometri alla ricerca di ghiaccio (rarissimo in India) e di un ambulatorio. Guidare la Vespa implica frenare col destro e poggiare di conseguenza il sinistro a terra per tenere tutto il peso in equilibrio. Dopo tanta agonia trovo finalmente un ambulatorio, anche se le attrezzature non sono proprio all’avanguardia. In India è meglio non farsi male”.

- Hai mai avuto paura durante un viaggio?

“Iran, in albergo. Mentre dormo, fa irruzione la polizia con le torce, la luce negli occhi. Pensano che io sia una spia o una cosa del genere. E come glielo spiego? Poi il lampo di genio, li ho invitati a guardare la fiancata della Vespa, dove per fortuna mi sono fatto disegnare prima di partire, una cartina con l’itinerario del viaggio. Così hanno si perquisito dappertutto, ma hanno capito che sono solo un viaggiatore di passaggio e non un pericolo.

In Pakistan invece (nella regione del Belucistan forse), per garantire la sicurezza dei turisti di passaggio, si è accompagnati per tutto il tragitto da una scorta armata. La prima notte ci siamo fermati presso una caserma e ho dormito in una cella (non come detenuto). Arrivati a Quetta mi hanno accompagnato all’ufficio per ottenere un foglio col lasciapassare e sono andati via lasciandomi presso l’ufficio. Dopo 4 ore è arrivata un’altra scorta composta da soli 2 uomini, questa volta in moto e mi hanno accompagnano in albergo. Dall’albergo ho fretta di ripartire, ma l’albergatore me lo impedisce. Nasce un piccolo alterco dovuto anche alla scarsa comunicazione linguistica. A quel punto l’albergatore mi fa capire che se voglio partire, gli devo firmare un foglio che lo esula da ogni responsabilità. Quel gesto mi fa pensare che forse l’albergatore non è proprio uno “stolto” e che qualche motivazione la ha. Mi calmo e resto lì fino al giorno seguente. L’indomani, l’albergatore con fare austero mi getta davanti il giornale locale, dapprima ritengo questo gesto un affronto, comincio ad alterarmi come il giorno prima, finchè l’albergatore spazientito indica col dito una foto sul giornale, è la foto della mia prima scorta. Sono morti in un attentato. Da quel punto in poi, capisco che forse è meglio attenersi ai loro consigli”.

- Arrivato a Melbourne dall’Indonesia in aereo tu e la Vespa come procede il tuo viaggio?

“Mi incontro con l’altro amico della promessa Federico, e beviamo la nostra meritata birra. Faccio giusto una toccata e fuga perchè devo rientrare in Italia per la promessa dei 4 mesi, che stanno per scadere. Lascio la vespa lì in Australia con l’intento di ritornarci il prima possibile con la mia Metà e fare il tour dello stato con lei. A Melbourne intanto è arrivato anche un altro viaggiatore che ho incontrato per strada e col quale abbiamo passato giorni bloccati, per formalità burocratiche, alla frontiera con la Thailandia. Lui ha lasciato la moto lì e mi ha chiesto di poter continuare il suo viaggio nella terra dei canguri con la mia Vespa. Ho accettato, ma la Vespa che ha una volontà tutta sua, si è opposta grippando per tre volte dopo pochi chilometri”.

- Quindi sei tornato in Italia a prendere la tua Compagna per poi ripartire?

“In effetti si, non il giorno dopo. Ci siamo organizzati, intanto ho fatto riparare la vespa da un meccanico del Vespa Club Melbourne ed appena pronti ci siamo lanciati in questa nuova avventura. Intanto i miei canali “social” sono cresciuti e sono arrivati i primi sponsor. Non sono contratti di esclusiva, ne soldi che rimpinguano il mio conto in banca, ma attrezzature e pezzi per la Vespa a “gratis” che aiutano comunque”.

- La tappa successiva?

“Siamo tornati in Italia però, ho spedito la vespa in Sud America. Così appena pronti di nuovo, partiamo per arrivare ad Ushuaia”.

Fabio, partirà con la sua Pamela per Santiago del Cile nel 2018.

“In due la Vespa sicuramente risente del peso ma quando ci si ferma è bello essere insieme a farci compagnia. Si condividono sia momenti di piacere sia di difficoltà, dandosi una mano l’uno con l’altro”.

Ad attenderli ci sarà la fida “Mya”, la Vespa Px che lo ha portato fino in Australia. Il nuovo viaggio sulla “rossa” inizierà appunto da Santiago del Cile attraversando l’intero continente per arrivare ad Ushuaia e proseguire poi in Argentina, Uruguay, Brasile e Paraguay.

“Certo di gente che gira il mondo in moto “c’è pieno”, viaggiare in Vespa però è un’esperienza quasi mistica, come se si disponesse di un passaporto supplementare o di una tessera di un club esclusivo nel mondo”. Fabio Salini.






martedì 22 dicembre 2020

8 - Gionata Nencini

 

Oggi, martedi 22 Dicembre 2020, ore 22.12

è online il nuovo sito per amanti, curiosi e  motoviaggiatori di Gionata Nencini: 

www.partireper.it

In bocca al lupo Gionata.





domenica 20 dicembre 2020

7 - Life on Mars ? - David Bowie. Non conosco.

Potrei dilungarmi con le mie consuete dissertazioni fuori tema su Dawid Bowie però, mi spiace, non lo conosco.

Dopo i primi giorni di contatto, sono diventato il mezzo di trasporto ufficiale per “casa-lavoro”. Magra consolazione, ma le lunghe strade si percorrono a piccoli passi, mi pare di aver sentito una cosa del genere da qualche parte.

Vagabondiamo piu’ spesso. Timidi giri post lavoro, Maggio, per quanto primaverile, in Belgio non garantisce la piacevolezza del clima notturno mediterraneo. Il suo attuale lavoro lo tiene inchiodato per molte ore al piano terra di una struttura fatta di finestre e mattoncini rossi con una ressa di persone che si accalcano per entrare ed uscire in fasce orarie ben precise. Di tanto in tanto mi lancia uno sguardo dalla larga finestra in legno rosso e mi sorride.

Le prime sere “on tour” sono semplici deviazioni al classico percorso. Io mi comporto bene, gli do una buona erogazione, sono compatto e rotondo, non sbando, ho una buona frenata (per quanto possa definirsi buona la frenata di una Vespa..), reggo bene in curva. Non ho lo scatto della classica Vespa 2t, ma ai mille semafori della città facciamo bella figura tra plasticosi scooters impegnati nelle consegne alimentari e le varie ricche, mai impolverate, “4 ruote” con scarichi cromati e ruote da 200.000 pollici. Ogni tanto si vede una Twingo.

Ho notato una strana cosa nelle ultime sere, canticchia. Esce dai mattoncini con finestre ed ha lo sguardo alla Rocky (il terzo, dopo che le ha prese da Baracus (Clubber Lang). “Quello” non e’ Mr. T, Laurence Tureaud, mi spiace; è Bosco "P.E.- Pessimo Elemento" Baracus dell’ A-Team e vi sfido a contraddirmi). Mette la chiave, usa la pedivella, sale stancamente. Da un pò di gas e ci avviamo scendendo in corsa dal cavalletto (senza impennare, barbari). Andiamo avanti qualche centinaio di metri, accosta, accende una PallMall uscita da un pacchetto malconcio nella tasca sinistra del giubbino. Quì fanno dei pacchetti enormi , risparmi sul prezzo di acquisto, una specie di 3x2 del tabagista ma sbagli, inevitabilmente quando in un pacchetto delle dimensioni di un televisore a valvole ne restano meno che sette e pensi di impegnare la cattedrale di spazio rimanente
infilandoci semplicemente l’accendino, ne spezzi almeno 3. Addio risparmio. Ci rimettiamo in marcia, sigaretta nella mano sinistra, ora ha gli occhi vispi.  Sento lo spillo  che si allontana dalla sua comoda posizione di sonnolente inerzia tirato su dal filo d’acciaio intrecciato che si arrotola per meno di mezzo giro sulla puleggia di plastica attaccata al tubo destro del manubrio. La benzina si getta nel vuoto dal serbatoio verso il filtro e via nei tubicini talvolta colorati fino al carburatore.

Candela, scintilla, pistone, spingo, sorride. Sento un mormorio, penso sia una piccola pietra incastrata distrattamente tra i tasselli delle gomme. I miei giri aumentano, il mormorio si trasforma in un canto (glisso su intonazione e pronuncia), “but the film is a saddening bore, for she’s lived it ten times or more, she could spit in the eyes of fools, As they ask her to focus on”, il gas è spalancato, mi ritrovo a dare il cuore mentre mi lancia tra strette strade e cumuli di auto in fiamme, freddo equatoriale e foreste arse dalla neve nel luminoso buio notturno ...“SaaAaaailors fighting in the dance hall, oh man! Look at those cavemen go, it’s the freakiest show, take a look at the Lawman, beating up the wrong guy, oh man! Wonder if he’ll ever know, he’s in the best selling show, is there life on Maaaaaaars?”. Credo di morire mentre il mio cuore pompa forsennato sotto la scocca, mi manca il fiato quando a fine corsa acceleratore non ho piu’ giri da offrire, nulla è ostacolo in una strada fatta di curve che si distendono al nostro passaggio.

Vorrei saper volare, invece sono “solo una Vespa” ma questo, forse Lui non lo sa.

 

David Bowie - Life on Mars?

It’s a god-awful small affair – (È una piccola storia spiacevole)

To the girl with the mousy hair – (Per la ragazza dai capelli slavati)

But her mummy is yelling “No” – (Ma la mamma sta gridando “No”)

And her daddy has told her to go – (E suo Papà le ha detto di andarsene)

But her friend is nowhere to be seen – (Ma il suo amico non si vede da nessuna parte)

Now she walks through her sunken dream – (Ora Lei ripercorre il suo sogno naufragato)

To the seat with the clearest view – (Andando verso il posto con la vista migliore)

And she’s hooked to the silver screen – (Ed è incollata al grande schermo)

But the film is a saddening bore – (Ma il film è di una noia mortale)

For she’s lived it ten times or more – (Perché lei lo ha vissuto dieci volte, o più)

She could spit in the eyes of fools – (Potrebbe sputare negli occhi degli stupidi)

As they ask her to focus on – (Quando le chiedono di concentrarsi)

CHORUS – (RITORNELLO)

Sailors fighting in the dance hall – (Marinai che lottano nella sala da ballo)

Oh man! Look at those cavemen go – (Accidenti! guarda quei cavernicoli che vanno)

It’s the freakiest show – (È lo spettacolo più bizzarro)

Take a look at the Lawman – (Da’ un’occhiata all’ uomo di legge)

Beating up the wrong guy – (Che dà addosso al ragazzo sbagliato)

Oh man! Wonder if he’ll ever know – (Accidenti, Chissà se saprà mai)

He’s in the best selling show- (Che è nello spettacolo di maggior successo)

Is there life on Mars? – (C’è vita su Marte?)

 

It’s on Amerika’s tortured brow – (E’ sulla fronte torturata dell’America)

That Mickey Mouse has grown up a cow – (Che Topolino è cresciuto come una mucca)

Now the workers have struck for fame – (Ora i lavoratori hanno raggiunto la fama)

Cause Lennon’s on sale again – (Perché Lennon è di nuovo in vendita)

See the mice in their million hordes – (Guardate i topi in milioni di orde)

From Ibeza to the Norfolk Broads – (Da Ibiza alle pianure del Norfolk)

Rule Britannia is out of bounds – (“Rule Britannia” è bandito)

To my mother, my dog, and clowns – (Per mia madre, il mio cane e i clown)

But the film is a saddening bore – (Ma il film è di una noia mortale)

‘Cause I wrote it ten times or more – (Perché l’ho già scritto dieci volte, o più)

It’s about to be writ again – (Sta per essere scritto di nuovo)

As I ask you to focus on – (mentre ti chiedo di concentrarti)


«Mi incamminai lungo Beckenham High Street a prendere l'autobus per Lewisham per andare a comperare scarpe e camicie, ma non riuscii a togliermi quel motivetto dalla testa... Iniziai a lavorarci su al pianoforte e già nel tardo pomeriggio completai l'intera parte lirica e la struttura melodica. Rick Wakeman mi raggiunse un paio di settimane dopo arricchendo gli arrangiamenti al piano, mentre Mick Ronson creò una delle sue prime e migliori partiture di archi».  David Bowie


Life on Mars? è una canzone scritta dall'inglese David Bowie, pubblicata come 45 giri il 22 giugno 1973. Quarta traccia dell'album Hunky Dory. La sua origine potrebbe risalire al 1968, quando al Duca Bianco venne dato il compito di adattare il testo di una canzone francese di Claude François (Comme d'habitude). Bowie scrive allora “Even a Fool Learns to Love” che racconta di un clown, la cui allegria viene soggiogata dall'improvvisa scoperta dell'amore. Il brano non è accettato per le obiezioni dell'editore francese della Decca Records (vogliamo una star, non quel cafone di Bromley). Paul Anka si prende l’incarico e scrive il brano “My Way”, portato al successo da Frank Sinatra. David non ha mai digerito questo accadimento ed anni dopo partendo dagli accordi di My Way ha sviluppato una canzone diversa ma che potesse rivaleggiare con il successo internazionale della prima che interpretata da Sinatra ha raggiunto ogni angolo del mondo. Lo stesso Bowie ammette che, probabilmente senza “My Way” non sarebbe esistita “Life on Mars?”, motivo per cui nelle note di copertina di Hunky Dory, accanto al titolo della canzone c'è la scritta autografa "inspired by Frankie".

Una ragazza come tante altre, delusa dalla realtà. Realtà che teme e schiaccia sogni e speranze di chi non si adatta ai suoi schemi. Si isola dal mondo che non rispecchia le sue visioni, si rifugia in un’altra realtà, fittizia. Marte, luogo lontano, astratto, ideale. Esiste una vita migliore e più degna di essere vissuta di quella che stiamo vivendo?

Ossea interpretazione di un testo con tanti riferimenti e metafore.

“Life On Mars” è il titolo di una trasmissione televisiva inglese degli anni ’60. “Look at those cavemen go” è la citazione di un verso della hit  Alley Oop degli Hollywood Argyles (Look at that cave man go). Rule Britannia” è un poema scritto da James Thomson (1700-48) e musicato da Thomas Augustine Arne, intorno al 1740, sorta di inno nazionale “ufficioso” in voga soprattutto nel XIX secolo rappresenta per più di un secolo l'imperialismo britannico nel mondo. Probabili riferimenti politici come quello a Lennon/Lenin (cantando Bowie pronuncia “Lennon” come se fosse “Lenin”). Marte, il pianeta rosso (Russia?). In questo senso “C’è vita su Marte?” potrebbe essere una metafora per chiedere se vale la pena vivere sotto l’oppressione di un regime, di qualunque colore esso sia.


sabato 19 dicembre 2020

6 - Giorgio Amoretti - La carovana dei sogni.


… ecco da che cosa dipende la nostra unicità nell’ esistere: dai sogni! Dalla volontà che uno ha di proseguirli, non lasciarli morire ma inseguirli sempre. La realizzazione, a volte, vale meno dell’ attesa stessa!” Giorgio Amoretti

Come spesso accade, quando sei alla ricerca ossessiva di qualcosa, nulla accade. Ti fermi, lasci che la corrente ti trasporti e il vento ti attraversi. Ed avviene che, mentre tutto scorre, i sensi vigili, si imbattono nelle risposte. Così, mi sono imbattuto in Giorgio Amoretti.

La storia di Amoretti e’ fatta di avventure, tante. Di principi, molti. Di aggettivi, troppi.

Padovano, Sportivo (brevetto da paracadutista, alpinista, nuotatore, aliantista), nasce a Venezia il 10 Settembre 1932. Figlio di una famiglia alto borghese, due sono gli accadimenti che segnano il suo futuro; veder morire il suo miglior amico sulla strada di scuola, durante i bombardamenti aerei sulla città; la stesura di un tema scolastico dal titolo “Propositi”. In esso Giorgio riversa tutte le speranze ed i progetti della vita a cui sta per affacciarsi:

“I miei propositi sarebbero [...] vorrei anche girare molto per poter conoscere gli usi e le genti che abitano questa terra e per farmi un concetto preciso di questo mondo. Mi piacerebbe anche volare per poter provare il fascino dell'infinito e farmi un'idea della grandezza e della bellezza del cielo. Vorrei navigare per vedere questa immensa distesa d'acqua che copre per più di metà la superficie della terra e poter vedere i suoi abitanti [...] vorrei per ultimo poter imparare a scalare le montagne e trovarmi a tu per tu con l'infinito».

I suoi “propositi” sono un po troppo aulici per il Maestro che li classifica “desideri fantastici, non propositi seri” e gli impone di rifare il compito.

Anni dopo, il 12 Giugno del 1954 a bordo di una Lambretta comincia a realizzare i propositi del suo tema. Percorre tutta l’Europa, assieme alla sorella Anna Maria, arrivando fino al circolo polare artico e rientrando il il 22 Settembre con 13.000 km alle spalle. Impara a metter mano nei posti piu’ ameni ed intimi della sua Lambretta, ne conosce ogni angolo e mugolio, meravigliato dalle fantastiche imprese che con il suo mezzo può realizzare. In solitaria poi, è la volta dell’Africa, che percorre per migliaia di chilometri fino a raggiungere il 13 Gennaio 1955, Capo di Buona Speranza in Sud Africa, attraversa i deserti del Sahara e della Nubia e compie in effetti il giro del mondo in verticale. Tra i vari racconti di persone ospitali, fiumi straripati, guadi ed animali selvaggi; un aneddoto tra i tanti quindi, lo vede protagonista del soccorso ad un viaggiatore olandese trovato ferito in pieno Sahara e che, con determinazione e forza di volontà è riuscito a portare in salvo nel piu’ vicino centro abitato.

Tornato in Italia, il 2 Febbraio 1957 realizza la traversata invernale a nuoto pinnato del Lago di Garda (50 km). Resta in acqua 23 ore e 55 minuti ore come risposta ad una ragazza che: “consideravo impensabile che una ragazza dicesse di amarmi e poi mi lasciasse solo perchè non avevo un lavoro; che insinuasse che, da uno come me, non ci si poteva certo aspettare che fosse in grado di costruire una famiglia. Tutta la mia vita rappresenta una smentita a quella calunnia, forse la piu' dolorosa di tutte”.


Nel 1958 si imbarca per l’America, raggiunge l’Alaska (sono felice, immensamente felice [...] tutto ciò che mi circonda fa parte di me), San Francisco (dove viene accolto come uno di famiglia dagli oltre 150.000 immigrati italiani), arriva in Messico e supera i 50.000 km percorsi con la sua Lambretta. Risale il continente americano, stavolta puntando sulla East Coast. Giunge a New York e da lì si imbarca per tornare in Italia.

Nel 1960 pubblica “Polvere di Continenti” edito dalla “Il Bocca Porto”, (acquistabile presso il sito: autonauti ). Un libro fatto di racconti e poesie, che si apre con uno scritto amorevole alla Mamma che foraggia i suoi “capriccetti”di ragazzo, conosce il suo scoppiare di felicità a viaggiare in solitaria sui trabiccoli a due ruote e lo conosce davvero perchè “i miei sogni, sono i suoi sogni”.

Nel 1964 incontra Lucia Morellato con la quale nel 1966 ha Fabio, suo primogenito.


Il 3 Dicembre 1967 parte per il Sahara con Lucia e Fabio che ora ha 16 mesi, un viaggio di 12.000 km durato 120 giorni, con due “Ranger” adattati e col motore della Fiat 500. Partenza ed arrivo a Tunisi con Fort Lamy, capitale del Tchad come meta. La loro attrezzatura di viaggio consiste in: 20 mt di rete in plastica (qualora le auto fossero rimaste insabbiate), 14 ruote di scorta, 2 frigoriferi a batteria, 2 depuratori per l’acqua, taniche per 200 lt di benzina e 120 lt di acqua, svariati pezzi di ricambio per le auto, una larga provvista di
 
omogeneizzati, latte in polvere e condensato per il piccolo Fabio, cibi in scatola, riso, pasta, formaggi, spezie e condimenti, pentolame, tre fornelli (due a gas, uno a benzina), una cassetta di pronto soccorso (con molti prodotti per la infezioni intestinali), attrezzatura fotografica, 2 tende, sacchi a pelo, coperte e materassini. Per circa due mesi, non arrivano piu’ aggiornamenti dal loro viaggio, tanto da far temere per la loro scomparsa ed invece sono vivi, “vivi piu’che mai”. Stupenda, a mio parere, la foto che ritrae Giorgio, nudo ed inginocchiato, mentre la sua compagna gli lava i capelli. Al rientro la loro impresa viene pubblicata su molte riviste nazionali ed internazionali, tra inserti e copertine, il piccolo Fabio diventa il “bambino che ha attraversato il Sahara”.

Nel 1968 Giorgio, apre a Padova “la Bottega delle Parole”, un laboratorio artistico dove esprime se stessi in un modo diverso. “Nella mia bottega si vendono parole, è un posto dove tutti possono incontrarsi di giorno e di notte per poter parlare. E dove con ventimila lire, possono pubblicare quello che vogliono, poesie come romanzi”.

Il 26 Giugno 1968 sulla scia dei viaggi passati, riattraversa parte del Sahara (El Golea, Algeria), ma questa volta legato ad un paracadute ascensionale, trainato da una automobile. Dalle 22.06 alle 5.32, per sette ore e ventisei minuti è tra le braccia del cielo, battendo il precedente record di Patrik Bernard con 5 ore e 45 minuti nell’Agosto 1967. La squadra che porta a compimento questa sfida,che nel finale sta per tiventare una tragedia è composta da: Giorgio Amoretti, in volo; Maurizio Peci, fotografo e regolatore da terra dell’assetto in volo di Giorgio; Rino Bicego, pilota.

Con lo stesso sistema si ripete nella città di San Francisco (dove vola tra i grattacieli e gli sguardi stupiti delle persone) ed in Alaska.

Salpa dall’Italia con la Leonardo da Vinci (transatlantico della Italia, varato il 7 dicembre 1958 nei Cantieri navali Ansaldo di Genova Sestri Ponente con il compito di sostituire la turbonave Andrea Doria, affondata nel 1956), portando con se il suo camioncino Fiat 600 “camping” e col quale raggiunge prima San Francisco, poi l’Alaska.  Per il traino del paracadute sulle impervie strade del Nord America si serve di una macchina piccola ma potente, la Coot di costruzione americana.  Anfibia, 4 ruote motrici, motore da 400cc, corpo snodato, definita “il veicolo artico”. Alla sua nuova impresa, partecipa come pilota Andy Campbell, studente dell’università di Berkeley in California. Questa auto costituisce la guida per la poi tentata travesata dell’ oceano.

Nel 1973, orgoglioso del suo essere Papà prima di Padre, diventa un casalingo: “Casalinghe, sono il vostro leader”. “Anche gli uomini dovrebbero diventare casalinghi. E un mestiere come tanti altri e lo stato dovrebbe retribuirlo”. Messaggio femminista e controcorrente, in una Italia ancorata a una tradizione fortemente sessista e patriarcale.

Ciò non significa che Giorgio si ritira a vita privata, intraprende invece una serie di battaglie per garantire alcuni diritti civili alle donne e a favore dell'ambiente.

C’è però ancora un sogno che manca al suo personale elenco: l’oceano.

Il progetto, inseguito per dieci anni, è quello di attraversare l’oceano dall’Europa fino all’America con un’automobile. Nel 1978 la sua auto-barca è pronta: un maggiolino usato, comprato di tasca ed adattato per la navigazione. Al progetto partecipano oltre ai membri della famiglia ovviamente, due suoi amici carrozzieri: Alfredo Ponza e Giovanni Marsala. Il principio di massima è “semplice”; imbottire l’auto di poliuretano espanso che difatti la fa diventare inaffondabile, (come un pezzo di sughero in mezzo al mare), la parte posteriore del maggiolino diventa la prua così da poter usufruire della rotazione di ruote e volante come timone, la “forza motrice” invece è il vento che, imbrigliato da un paracadute ascensionale a fare da vela (proporzionato al peso ed alla grandezza dell’auto), spinge l’auto in avanti. All’interno dell’abitacolo sono stati stipati 10 bidoni di plaastica estraibili e chiusi ermeticamente, all’interno viveri e acqua potabile. In caso di estrema necessità l’auto trasporta anche una zattera autogonfiabile e due distillatori solari capaci di trasformare un litro d’acqua salata al giorno in acqua potabile. Il viaggio prevede una prima tappa alle Canarie e poi la partenza definitiva per l’America con un tempo massimo previsto di sei mesi.

Purtroppo però il suo sogno s’infrange davanti ad una nave delle autorità marittime spagnole che lo fermano e difatti gli impediscono di portare a compimento la sua impresa. Così come accade dieci anni dopo, dove sono le autorità inglesi a bloccarlo mentre, dopo aver navigato fino a Calais sul Canal du Midi con una Ford Taunus, tenta di attraversare la Manica.

È il suo ultimo, grande sogno. Continua a lavorare al progetto ma è tardi; la vita gli ha dato una data di scadenza: Giorgio ha un tumore all’intestino.

Eppure quel sogno, in un certo senso, lo realizza lo stesso. Lo fanno per lui tre dei suoi figli (Fabio, Marco e Mauro) assieme ad un loro amico (Marco De Candia); il 4 maggio del 1999 prendono la Ford “Taunus” e la Volkswagen “Passat” (attrezzate per la navigazione assieme al Papà) e partono dalle isole Canarie direzione ... New York.

... mi consolavo pensando alla neve che, in quel momento, di notte, stava scendendo in Alaska. Ma nessuno mi ha mai insegnato cosa dovevo fare quando ero infelice e vedevo intorno a me solo cose brutte e cattive. Mi domandavo perché, ne domandavo il perché a tutti e mi sono accorto che [...] non lo sapevano. È stato così che ho cominciato a girare il mondo: forse, dopo tanto girare avrei trovato, chissà dove, il solito vecchietto con la barba bianca… che, consultati i suoi polverosi libroni, in segreto, nel solito castello costruito in mezzo ai boschi, avrebbe risposto ai miei perché, alle mie domande. E invece la risposta l’ho trovata nel cielo, tra le nuvole, l’ho trovata fra le montagne e nel mare, tra l’erba e nelle stelle, tra la gente e nel vento, fra gli alberi e nei deserti, tra i fiori e nel fuoco: dappertutto. Qualsiasi cosa interrogassi mi rispondeva concorde nel suo linguaggio universale”.

Giorgio Amoretti


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martedì 15 dicembre 2020

5.1 - Nordkapp - Giuseppe Guzzi

Alla conquista di Capo Nord

Il “Raid a Capo Nord”, motociclisticamente parlando è un itinerario mitico, il “finis terrae”, ma allo stesso tempo classico, paragonabile al “coast to coast” sulle strade americane. Ogni estate, quando le condizioni climatiche sono meno avverse, migliaia di motociclisti soprattutto europei, risalgono le strette statali scandinave che costeggiano i fiordi, ed approdano a Nordkapp. Il viaggio a Capo Nord sta prendendo piede anche d’inverno; il favore delle nuove tecnologie per mezzi ed indumenti e la maggior cura e qualita’ del manto stradale, agevolano questa avventura invernale che resta comunque dura ed impegnativa date le rigide temperature del circolo polare artico.

Questo raid ha origini italiane, abbastanza lontane nel tempo (20 Giugno 1928) e porta la firma di Giuseppe Guzzi.

Giuseppe detto Naco nasce a Milano il 6 agosto 1882, fratello maggiore di Carlo (detto Taj) e Laureato in ingegneria civile (ha progettato alcuni capannoni, la galleria del vento e la centrale idroelettrica dello Zerbo che alimenta i locali dell'azienda Moto Guzzi).

Diversi nel fisico e nel carattere, "Giuseppe quasi ascetico é l’anima della Guzzi turistica, Carlo vispo donnaiolo é l’anima della Guzzi sportiva".

Naco è grande e grosso ma soffre il caldo, così tanto da lavorare spesso a torso nudo e da costruire un impianto di raffreddamento installando una serpentina di tubi lungo le pareti del suo ufficio in cui scorre acqua fredda. Questa sua insofferenza per il caldo lo porta, appena arrivate le ferie, ad inforcare la sua personalizzata Sport 500 (sotto il faro, in posizione trasversale un tubo col tappo per contenere le carte geografiche e le mappe, sul lato destro la fondina per contenere la sua pistola, un cavalletto laterale, ganci di fissagio un po' ovunque ed un altro cavalletto centrale ma azionabile da entrambi i lati della moto) e sparire per lunghi giretti estivi:

1923 Mandello - Parigi (2000 km)

1924 Mandello - Tolosa - Pirenei (2500 km)

1926 Mandello - Vienna - Budapest - Carpazi (3000 km)

1927 Mandello - Slesia (3000 km)

1928 Mandello - Stoccolma - Lapponia - Oslo - Berlino (6200 km)

1929 Mandello - Amburgo (2200 km)

Anche se il suo scopo é: “vado errando pei monti senza meta fissa, senza guida, solo preoccupato di imprimere nella mente nuovi paesaggi, nuovi panorami, nuovi spettacoli di natura”(Giuseppe Guzzi), in ognuno dei suoi viaggi mette a punto e studia soluzioni per apportare migliorie alla moto. Nel 1926 mentre si trova sui Carpazi, rompe il telaio rigido della Sport. Aiutandosi con delle vecchie coperture e camere d’aria, riesce a riassemblare la parte posteriore del telaio e tornare in Italia. Si rende così conto che un molleggio posteriore appositamente studiato potrebbe migliorare di molto il comportamento della moto. Tornato in fabbrica confida al fratello Carlo:te set che la va mej inscì? (Sai che va meglio così?). Nasce così il prototipo GT o Gran Turismo, prima Moto Guzzi con telaio elastico. (Il pacco delle molle viene collocato sotto il motore e lavora in compressione grazie a tiranti collegati al forcellone. La ruota ha un’escursione di 11 cm e il ritorno delle molle è frenato da ammortizzatori a frizione).

In onore al dirigibile italiano che l'anno precedente ha consentito alla missione di Umberto Nobile e Roald Amundsen di sorvolare il Polo Nord, nel 1927 la nuova moto viene ribattezzata “Norge”.

Un antefatto:

Il 12 maggio 1926, nel volo del Norge da Svalbard all'Alaska è avvistato il polo nord geografico dopo aver attraversato un’infinita distesa di ghiacci. "The Amundsen-Ellsworth-Nobile Transpolar Flight” il nome della spedizione che vede come protagonisti principali:

N1 - Norge, dirigibile semirigido costruito in Italia da Umberto Nobile inaugurato il 1º Marzo 1924 successivamente acquistato dall'Aero Club Norvegese. Lungo 106m per un diametro di 18,58m con un volume di 18000m³ riempito ad idrogeno, ha una capacita’ di carico utile di 6,425t, spinto da 3 motori 6 cilindri in linea Maybach IV-L con una potenza di 245 cv ciascuno. Velocita’ massima 113 km/h.

Roald Engelbregt Gravning Amundsen, esploratore norvegese divenuto leggenda dopo aver attraversato il Passaggio a Nordovest nel 1906 e conquistato il Polo Sud nel 1911. Ha l’intuizione di usare un dirigibile per sorvolare il Polo.

Umberto Nobile, grande ingegnere militare italiano specializzato nel progettare, costruire e pilotare dirigibili destinati all’ esplorazione di terra e mare. Progetta e pilota dell’ N1 - Norge.

Lincoln Ellsworth, esploratore statunitense e medaglia d'oro del Congresso americano, scopritore dei monti Ellsworth in Antartide. Finanzia ed accompagna Amundsen e Nobile nel tentativo di sorvolare il polo con il dirigibile Norge.

“La missione parte il 10 aprile 1926 dall’aeroporto di Ciampino e il Norge arriva dopo diverse tappe alla base artica della Baia del Re, sulle isole norvegesi Svalbard, il 7 maggio. Le forti personalità di Amundsen e Nobile cominciano a scontrarsi già durante il viaggio di avvicinamento al Polo: il norvegese pensa di aver assunto un semplice tecnico che dovrebbe limitarsi a pilotare il dirigibile e a stare buono in disparte mentre lui si prende il merito della missione, ma presto si renderà conto che il sangue italiano è tutto meno che remissivo. Avvistato il Polo, dopo i festeggiamenti del caso a bordo del Norge, si decide di lanciare sui ghiacci le bandiere delle tre nazioni coinvolte nell’impresa: Norvegia, Stati Uniti e Italia. Amundsen e Ellsworth sguainano le loro bandiere nazionali e le lanciano verso la storia. Nobile, aspetta di essere l’ultimo e sguaina una bandiera italiana grande il doppio di quelle dei suoi compagni di viaggio. È un affronto che Amundsen non manda giù molto bene. Il volo prosegue senza intoppi verso l’Alaska dove raggiunge il piccolo paese eschimese di Teller il 14 maggio. Gli eschimesi accolgono lo strano velivolo pensando sia una enorme foca volante”. Cit. Antonio Moro, da leganerd.com

Video pubblicato da aldosca - POLO NORD - 1926, Dirigibile NORGE N1 comandato da Umberto Nobile con a bordo Roald Amundsen.

La scelta di omaggiare la spedizione Amundsen-Ellsworth-Nobile ribattezzando la GT 500 a telaio elastico “Norge”, suscita un coro di proteste nelle case motociclistiche concorrenti accusando la Moto Guzzi di una mossa promozionale che tenta di cavalcare l'entusiasmo del momento approfittando slealmente della popolarità dell'impresa. La diatriba diventa una guerra a colpi di comunicati stampa che si prolunga fino alla caldissima estate del 1928, causando molte inquietudini a Carlo Guzzi, il quale teme un enorme "danno d'immagine" per l'azienda.

Nonostante le polemiche in corso, Giuseppe si prepara tranquillamente alle sue consuete ferie itineranti; dal resoconto del suo viaggio pubblicato a puntate sul settimanale “Motociclismo” del 1929: “Era sempre stato mio vivo desiderio fino dall’infanzia di conoscere la Scandinavia, ma un viaggio in motocicletta fin lassu’ partendo dall’ Italia, sia pure dall’ estremo Nord di questa, rappresenta sempre la bellezza di 6000 km e quindi con una macchina normale, un eccessivo strapazzo [...] fintanto che costruita e lungamente provata la macchina tipo gran turismo a sospensione posteriore elastica, ebbi a persuadermi che era possibile con questa percorrere, dai 300 ai 400 km giornalieri anche con pessime strade e per parecchie settimane consecutive, senza sentire la necessità d’interrompere il viaggio con un giorno di riposo. Scelsi dunque per questo viaggio la prima tipo Gran Turismo fabbricata dalla Moto Guzzi”.

Inforca quindi la sua “Norge” ora all’altezza del compito e parte per questa nuova avventura. Leggenda vuole che appena uscito dal cancello della fabbrica, con gli operai sulla soglia a salutarlo, Naco fora una gomma nel sottopasso della ferrovia che immette sulla statale. Gli operai accorrono offrendosi di riparare il pneumatico ma lui li ferma: “Sono già partito, durante il viaggio tocca a me sbrigarmela! Andate al lavoro che qui ci penso io!.

Come sopra anticipato, una “semplice, scheletrica ma efficace” descrizione del viaggio scritta di pugno da Naco, viene pubblicata suddivisa in 3 spezzoni e su 3 numeri del settimanale “Motociclismo”, nel luglio 1929. (Giuseppe Guzzi ha scritto anche un libricino stampato nel 1942, dal titolo " La motocicletta e il Motociclista", dove spiega il funzionamento dei vari organi componenti la motocicletta ed alcuni consigli sul come guidarla).

Raggiungere il circolo polare artico, sulle strade e con le moto dell'epoca, é un'impresa strabiliante e la notizia campeggia sui giornali dell'intera Europa, richiamando migliaia di curiosi. Non appena rientrato a Mandello, Naco si rimette al tecnigrafo, lasciando al fratello il compito di destreggiarsi tra interviste e convegni. Si narra che Carlo Guzzi, "uomo poco avvezzo ai complimenti, entrato nell'ufficio del fratello senza accennare all'impresa da poco compiuta, discute con lui per un paio d'ore sulle modifiche da apportare alle sospensioni. Ma questa volta anche Carlo si mette in canotta e mutande, singolare e muto omaggio che, tra i due burberi, vale mille elogi".

Col viaggio compiuto da Giuseppe “Naco”, la Moto Guzzi puo’ utilizzare a pieno titolo la denominazione Norge, e Capo Nord diventa un'importante meta motocicloturistica.


Video realizzato da IlFacoceraptor - Chiacchierata sulla Norge

sabato 12 dicembre 2020

5 - Nordkapp

Capo Nord, 71°10′20″ lat. N e 25°47′40″ long. E

Capo Nord è una scogliera dell’isola di Magerøy alta 307 m che si erge sopra il Mare di Barents, situata nella contea di Finnmark in Norvegia. È il punto, raggiungibile in auto, più settentrionale d'Europa ed il luogo più settentrionale collegato alla rete stradale internazionale. Nordkapp è il nome del comune. La città di Honningsvåg è il centro amministrativo del comune, 34 km a sud di Nordkapp, dove si trovano la maggior parte dei servizi. Da ottobre ad aprile la strada per Nordkapp non è aperta al traffico ordinario. Da dicembre a gennaio non c'è una vera luce del giorno poiché il sole rimane sotto l'orizzonte.

Capo Nordkinn (Kinnarodden) invece è il punto più a nord dell'Europa continentale (quindi escluse le isole), situato nella parte più settentrionale della Norvegia. Si trova sulla penisola di Nordkinn, a circa 20 km dal villaggio di Mehamn, nella contea di Finnmark. In contrasto con Capo Nord e le sue infrastrutture turistiche per i visitatori, capo Nordkinn è un luogo solitario che e’ possibile visitare o con un’escursione (un giorno di andata da Mehamn e un giorno di ritorno) oppure in barca.

Nel 1553 il comandante inglese Richard Chancellor durante la spedizione per la ricerca del “passaggio a nord-est", supera la scogliera e la battezza col nome Nordkapp, Capo Nord.

Francesco Negri
Solo 100 anni dopo, il primo "turista" sale sull'altopiano, e’un prete italiano di nome Francesco Negri esploratore di Ravenna nato il 27 marzo 1623. Gli ci sono voluti anni per partire dall'Italia a piedi, a cavallo, in slitta, con gli sci e soprattutto l’ultimo tratto in barca per raggiungere Capo Nord nel 1664, annota nel suo diario di viaggio: "Eccomi, sono ora a Capo Nord, punta estrema del Finnmark, davvero alla fine del mondo". 
Di tutto il viaggio ha lasciato una testimonianza “Viaggio Settentrionale” composta da otto lettere che trattano nell’ordine: il viaggio in Lapponia e la scoperta del popolo Sami; la permanenza nella Svezia civilizzata; la descrizione della caccia alla foca, chiamata cane marino; la descrizione di alcuni fenomeni naturali eccezionali e sconosciuti; il viaggio in Norvegia fino a Berghen; il seguito del viaggio in Norvegia, verso Trundem; il raggiungimento di Capo Nord; la descrizione della vita nell’ultimo baluardo abitato dagli umani.

Nel 1798 il primo a raggiungere Capo Nord via terra è Giuseppe Acerbi. In quegli anni raggiungere Nordkapp è un'avventura molto costosa, c'e’ bisogno o di una nave con equipaggio o di organizzare una spedizione attraverso centinaia di chilometri di natura selvaggia, motivo per cui i primi turisti sono quasi tutti molto facoltosi: il Principe Louise Phillippe d'Orleans, Oscar II Re di Norvegia e Svezia, Re Chualalonkorn di Thailandia, il Kaiser Guglielmo II di Germania.

Nel 1875, l'agente di viaggio londinese Thomas Cook organizza il primo viaggio di gruppo a Nordkapp per 24 partecipanti, arrivare fin lassu' e’ complicato, non ci sono strade che attraversano l'isola fino all'altopiano. I viaggiatori vengono portati in barca a remi da Skarsvåg o Gjesvær a Hornvika, appena sotto il Capo, da lì devono salire il ripido e roccioso burrone, per raggiungere l'altopiano. Da quel momento cominciano a comparire i primi edifici in legno, per accogliere i turisti.


Capo Nord e’ famosa anche per il “sole di mezzanotte”, con l'approssimarsi del solstizio d'estate, nelle regioni al di sopra dei circoli polari il Sole non scende mai sotto l'orizzonte per almeno 24 ore e di conseguenza non cala mai la notte. Tale effetto è dovuto al fatto che l'asse di rotazione terrestre è inclinato di 23° e 27' rispetto al piano dell'orbita. Trovandosi a poco più di 500 chilometri oltre il circolo polare artico nel periodo invernale, pur non sorgendo mai il sole al di sopra dell'orizzonte per circa due mesi e mezzo, il promontorio è estraneo al fenomeno della “notte polare”, in quanto il crepuscolo impedisce che si verifichi il buio totale. Sempre nei mesi invernali, al pari di tutte le zone situate tra i poli magnetici e 10°- 20° di distanza dai poli magnetici stessi è possibile ammirare anche il fenomeno dell'aurora boreale.



giovedì 10 dicembre 2020

4.4 - Io sono un Vespone ma, LmL.

Chiuso il cerchio prettamente italiano, si apre quello estero.

U.S.A.

Quello con gli Stati Uniti e’ un rapporto particolarmente intricato.

Le pedine in gioco in questa scacchiera sono molte e fatte da storie di uomini, innovazioni, societa’, viaggi, intuizioni, concorrenza e strategie di vendita, inoltre, e’ utile precisare che sia Corradino D’Ascanio, sia Ferdinand Porsche hanno trascorso del tempo negli Stati Uniti potendo conoscere o vedere il sistema di lavoro, a catena di montaggio, introdotto da Henry Ford. 

Nonostante la prima “idea” di scooter è del francese George Gauthier con 
l’Auto-Fauteuil, che i primi rudimenti si possono trovare a New York con l'Autoped, che l’Ingilterra risponde con lo Skootamota e soprattutto l’Autoglider e l’Unibus, il primo scooter a motore commercialmente valido al mondo e’ realizzato in California da Foster Salsbury e Austin Elmore, il “Motor Glide”.

Salsbury 

Nel 1936 e’ creato il Motor Glide. Questo mezzo trova velocemente buon successo grazie ad una serie di vantaggi tecnici (Foster e il suo team hanno inventato una frizione automatica e una trasmissione automatica a velocità variabile. Nessuno, compreso Vespa e Lambretta costruite 10-15 anni dopo, si avvicina al livello di tecnologia contenuto nei Motor Glide del 1938 e del 1939) e lungimiranze pubblicitarie che Mr Salsbury ha intravisto; la figura di un Testimonial ed il legame tra la sua invenzione e le celebrita’. Roscoe Turner, aviatore di fama mondiale come volto pubblico della sua azienda e Judy Garland o Freddie Bartholomew (Mega Star di Hollywood degli anni '30, proprietario del primo Salsbury offerto al pubblico) in posa con la sua creazione. 


Al successo del Motor Glide si accodano altre aziende come la Moto-Scoot e la Cushman       che sono immediatamente entrate in gioco.



Moto-Scoot

Nel 1936 Norman Siegel ha una visione del futuro che viaggia su due ruote. Assume tre dipendenti, raccimola tutti i suoi averi e fonda nel 1937 a Chicago, la Moto-Scoot. Siegel ha un piano di marketing innovativo. Anche se vende i suoi prodotti tramite alcune concessionarie fisiche e la catena J&R Auto Parts, la maggior parte degli scooter sono piazzati per corrispondenza, tramite cataloghi come Spiegel e Montgomery Ward. Mentre Siegel e’ nell'esercito durante la seconda guerra mondiale, la società è rilevata dal gruppo di finanzieri che ha foraggiato il suo progetto e viene cambiato il nome in “American Moto-Scoot”. Diviene lo scooter più popolare del paese nell'immediato dopoguerra, l'azienda ha continuato a produrre scooter fino al 1947.

Cushman

Tra le tre “in gara” la Cushman e’ quella col passato piu’ antico (fondata nel 1903 a Lincoln, nel Nebraska , da Everett e Clinton Cushman). La società, viene costituita come Cushman Motor Works nel 1913, ed inizia la produzione del motore Husky a quattro tempi nel 1922. Produce motori per macchine agricole, pompe, tosaerba e barche. Inizia a produrre lo scooter Auto-Glide nel 1936 come mezzo per aumentare la vendita dei motori Husky durante la Grande Depressione. Gli scooter Cushman sono poi utilizzati dalle forze armate degli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale (modello 53 "Airborne") e come alternativa alle automobili prima e dopo la guerra. Altre varianti degli scooter Cushman sono in seguito venduti da Sears con il marchio Allstate.


Sears 

Richard Warren Sears
Sears, Roebuck and Co. nota piu’ semplicemente come Sears, è una catena di grandi magazzini fondata da Richard Warren Sears e Alvah Curtis Roebuck nel 1892. 

Richard W. Sears avvia un'attività di vendita per corrispondenza di orologi a Minneapolis nel 1886, chiamandola "RW Sears Watch Company". Nel primo anno di attivita’ incontra Alvah C. Roebuck, un riparatore di orologi. Nel 1887, Sears e Roebuck trasferiscono l'attività a Chicago e nello stesso anno, la RW Sears Watch Company pubblica il primo catalogo per corrispondenza, che offre orologi, diamanti e gioielli. Dopo una serie di vicissitudini e dopo aver venduto la sua prima societa’ per 100.000 dollari, Sears ritorna a Chicago e fonda in una nuova partnership con Roebuck un’ altra azienda che, nel 1893 ribattezzano “Sears, Roebuck e Co.” cominciando a diversificare le linee di prodotti offerti nei loro cataloghi.

Prima del catalogo Sears, gli agricoltori delle piccole città rurali si approviggionano dai negozi locali con una ristretta selezione di prodotti, a prezzi elevati, spesso poco chiari e ballerini a seconda delle credenzialita’ dell’ acquirente. L’idea si Sears e’ cosi’ semplice da essere geniale: approfitta di questo “bug del sistema”, pubblicando cataloghi che offrono ai clienti una ampia selezione di prodotti, prezzi chiaramente indicati e fissi. L’azienda cresce in modo esponenziale, nel 1895 il catalogo Sears conta 532 pagine con articoli che vanno dalle bambole alle auto, passando per le macchine da cucire e generi alimentari. Si decide quindi di affiancare al catalogo dei punti vendita, il primo dei quali viene inaugurato il 2 febbraio 1925.


Allstate

 Il nome Allstate è nato nel 1925 grazie ad un concorso nazionale indetto per dare un nome alla nuova marca di pneumatici per automobili di Sears. In questa occasione un totale di 937.886 persone hanno presentato 2.253.746 nomi in 25 lingue diverse. E’ Hans Simonson il vincitore del premio di 5.000 dollari per la proposta vincente: Allstate.

Allstate arriva all’apice negli anni '50 e '60, quando il marchio appare su una vasta gamma di prodotti, inclusa una linea completa di optional per auto come cinture di sicurezza, riscaldatori, radio e condizionatori d'aria (che solo in seguito diventano “di serie” per le case automobilistiche), porte per garage, batterie, estintori, camper e ... scooter.

La storia della Vespa negli Usa inizia qui’, il 14 Novembre 1951, quando viene siglato uno storico accordo tra la Piaggio e la Sears, Roebuck & Co.


Questo lungo preambolo e’ necessario per comprendere quanto siano tutte le storie di uomini, mezzi e strategie intrecciate tra di loro, esuli poi, solo nelle menti piu’ brillanti che hanno saputo fare del loro bagaglio di esperienze l’incipit per progettare evoluzioni di altri mezzi ed altre strategie non convenzionali ma, in sintonia coi tempi, capaci di cavalcare l’onda delle esigenze. Usando i testimonial, le catene di montaggio, la distribuzione su larga scala, le alleanze, la sensibilizzazione del pubblico con le campagne pubblicitarie mirate alle necessita’ socio-economiche-culturali dei paesi da “invadere” commercialmente. D’Ascanio e Porsche che fanno esperienza negli States, i vari modelli di scooter “primordiali” che invadono le strade americane ed europee partendo dalla Francia, Vittorio Belmondo che crea il Volugrafo, il Simat, ed il Velta, le truppe Americane che assieme ai paracadutisti fanno volare le loro motorette, gli Italiani che vedono incuriositi da queste piccole due ruote che asservono gli “Yankees”, le evoluzioni tecniche che si susseguono, ognuno apporta la propria miglioria finchè qualcun’altro lascia il segno diventando “punto di riferimento”.

E’ da questa coltura cellulare, nel liquido amniotico della storia pre e post bellica che nasce la Vespa.

Ed e’ qui’ che ritorna quando il protocollo firmato a Genova tra Piaggio e Sears prevede che il colosso americano della grande distribuzione (250 milioni di dollari di fatturato nel 1950 e un catalogo prodotti di 1.400 pagine) commercializzi negli USA lo scooter che ha rimesso in moto l'Europa del dopoguerra.

Mille Vespa partono nel dicembre 1951. Il modello che va alla conquista degli States è la 125cc ribattezzata "Vespa Allstate Crusaire", modificata in alcuni particolari. Qui’, prima della Hoffmann e della A.c.m.a. il faro passa dal parafango al manubrio.

Sears promuove la Vespa sui quotidiani nazionali con lo slogan “Potente, Sicura, Economica” E’ famoso uno stralcio dell'articolo del Time che recita: "Not since the Roman chariot, have the Italians made a vehicle so peculiarly and proudly their own" e paragonare la Vespa col Modello T con cui Ford ha motorizzato gli USA.

Nel 1955 Piaggio decide di sbarcare direttamente negli USA con una rappresentanza diretta: nasce la “Vespa Distributing Corporation” con base a Long Island, NY.

La fama dello scooter cresce, e si impone anche grazie al film “Vacanze Romane” del 1953, con Audrey Hepburn e Gregory Peck in sella alla Vespa per le strade di Roma. Negli anni della Dolce Vita, le star internazionali del cinema si fanno riprendere in sella allo scooter italiano (come insegnato da Salsbury).

 

Nel Gennaio 1962, un accordo con Cushman Motors Works, fa diventare la Cushman il più importante distributore negli States di Vespa con marchio "Cushman-Vespa". 

Tra i vari modelli Vespa negli Usa sbarcheranno la Vespa 150, la GL, la GS 160, e la PX che nel 1985, e’ l'ultima Vespa importata negli Stati Uniti. In questo periodo, la distribuzione e’ gestita direttamente dalla filiale Piaggio negli USA, “Vespa of America Corporation” con sede a San Francisco, costituita nel febbraio 1975 e destinata a cessare le attività commerciali nel marzo del 1985, quando la tecnologia dei motori due tempi dei modelli Vespa non e’ più in grado di soddisfare le nuove e più severe norme anti inquinamento.

In questo frangente della storia di “Vespa USA”, dal dicembre 1951 agli inizi del 1985, sono state vendute circa 250.000 unita’.

Nei primi mesi del 2000 nasce una nuova filiale americana “Piaggio USA, Inc.”, con sede a Rancho Dominguez in California. La storia “Vespa Usa” ricomincia il 15 novembre del 2000 a Los Angeles dove viene inaugurata la prima Vespa Boutique con i modelli di nuova generazione: “Vespa ET4 150cc” ed “ET2 50cc”.