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giovedì 19 novembre 2020

4.1 - Io sono un Vespone ma, LmL

Ho letto “fiumi di parole” su di me, le mie origini, il mio futuro. (Si, so leggere, malfidati).

Il 18 maggio 2012 la Sezione Specializzata in Proprietà Industriale ed Intellettuale del Tribunale di Napoli ha  sancito che Lml Italia e’ colpevole per "atti di contraffazione e illecito concorrenziale ai danni di Piaggio in relazione ai marchi Piaggio, Vespa e Vespa PX" con divieto a Lml Italia di utilizzare detti marchi  "su comunicazioni commerciali, materiale pubblicitario, promozionale e altri documenti simili".

Nonostante questa sentenza e gli integralisti che mi guardano di traverso, io mi sento un Vespone.

Facciamo qualche passo indietro.

La Vespa, la prima (mp6), quella “vera” se volete o quella con la “V” maiuscola e’ brevettata il 23 aprile 1946 alle ore 12. (Anche se, sul sito ufficiale del Museo piaggio, in un articolo e’ indicato il 23, in un altro il 24 Aprile). Comunque, “in quei giorni” all’Ufficio Brevetti di Firenze viene depositato il Modello di Utilità n° 25.546 per una “motocicletta a complesso razionale di organi ed elementi con telaio combinato con parafanghi e cofano ricoprenti tutta la parte meccanica”, figlia dell’ingegno di Corradino D’Ascanio e dell’intuizione di Enrico Piaggio.

Vespa 98 (Mp6)

L’ idea è quella di creare un mezzo di trasporto semplice, leggero, con consumi modesti e adatto alla guida di tutti ma spoprattutto a basso costo. Ideale per una nazione che, uscita dalla seconda guerra mondiale si appresta a rimettersi in piedi, con una popolazione dalle risorse finanziarie allo stremo.

Cosi’ D’Ascanio (aiutato da Mario D’Este, suo disegnatore di fiducia) porta a termine il progetto di un motoveicolo con scocca portante, motore da 98cc, cambio al manubrio, serbatoio sotto sella, ruota di scorta e un solo braccio monotubo a sbalzo all’anteriore per facilitare il cambio ruota in caso di forature.


A sua volta, la Vespa di D’Ascanio è la rielaborazione di un prototipo del 1944 dell’ ing. Renzo Spolti coadiuvato dall’ ing. Vittorio Casini. Inizialmente il compito di progettare “lo scooter” fu affidato a loro in quanto tecnici di punta della produzione aeronautica Piaggio. Durante il decentramento per motivi bellici delle aziende Piaggio a Biella, i due ingegneri  frequentano la casa del conte Carlo Felice Trossi, nota figura del movimento automobilistico sportivo degli anni Trenta, (che ospitava nella foresteria del castello di Gaglianico la famiglia Casini). Il conte ha una collezione di autoveicoli, tra cui diversi scooterÈ lì che i due ingegneri Piaggio esaminano il “Velta” e il “Simat”.


Nasce uno scooter a scocca portante con ampio scudo protettivo e faro sul parafango anteriore, un tunnel centrale tra sella e manubrio che ospita il propulsore e messa in moto a spinta. Anche se il modello è identificato come MP (Moto Piaggio), nelle varianti progettuali MP1/MP5 il suo vero nome è Paperino. Questo nome ha due origini contrastanti, una basata sul progetto imprenditoriale: così come la Topolino (Fiat) intende motorizzare il paese a quattro ruote, il Paperino (Piaggio) intende farlo con due. L’altra narra di due collaudatori che ispirati dallo strano design, lo hanno apostrofato “Paperino”.

 

Nel 1939, l' ing. torinese Vittorio Belmondo progetta e realizza presso la Volugrafo (azienda specializzata nei misuratori di serbatoi) un piccolo scooter dalle forme innovative ed originali. In un primo tempo viene chiamato semplicemente Volugrafo, poi Belmondo si mette in proprio e realizza il Simat (su licenza Volugrafo) e  infine produce il Velta con motore SACHS da 98 cc 2T , dotato di vari progetti depositati e prodotto in poche decine di unità.










Andando ancora piu’ a ritroso, é il 1938 quando Giancarlo Camerana, allora vice presidente del Gruppo Fiat ed amico intimo di Enrico Piaggio, vuole lo sviluppo di uno scooter che deve essere la valida alternativa alle auto. Per l’ovvia mancanza di “danari” chi non può permettersi un auto, ripiega sullo scooter restando comunque in “casa Fiat”.

Purtroppo rimase un prototipo (oggi conservato presso la collezione museale privata di Salsapariglia) ma con una scheda di tutto rispetto: motore Sachs 98 Type 32, accensione a magnete, trasmissione primaria a ingranaggi, frizione a dischi, cambio a due velocità azionabile tramite una leva posta sul manubrio, sospensione anteriore a balestra con bracci oscillanti, telaio in tubi e lamiera, freni a tamburo, 55 kg, velocità massima 70 chilometri orari, (miscela al 6%).



Il compito di sviluppare questo prototipo fu affidato all’ingegnere (Fiat) Vittorio Calosso. Designer del prototipo era ..Vittorio Belmondo e, a produrre questo unico modello del “Fiat scooter Prototipo” fu la Volugrafo di Torino.


E quì, il cerchio Italiano dello scooter si chiude.


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